Il soccorritore stradale Alessandro Caniglia: «Così si potrebbe evitare il 60% degli incidenti mortali»
Cresciuto tra airbag esplosi e rottami, per lui non ci sono orari. E racconta: «Troppi casi dovuti a velocità, distrazione, alcol e eccessiva fiducia nel mezzo»

Paola Brianti
|4 mesi fa

Alessandro Caniglia di Castel San Giovanni accanto al suo carro attrezzi - © Libertà/Massimo Bersani
Non esiste un carro attrezzi per i momenti difficili della vita, ma per le auto in panne sì, e a Castel San Giovanni è il mestiere di Alessandro Caniglia. L’officina di autosoccorso è quella fondata nel 1979 dal padre Orazio e dallo zio Giuseppe (ora scomparso), dove Alessandro è cresciuto tra lamiere e motori. Oggi, insieme al fratello Ilario, esce ogni giorno e notte per interventi di soccorso stradale, senza orari fissi. Non ha mai spento il telefono. In media oltre 50 uscite al mese, tra incidenti, recuperi e mezzi da rimuovere. Ogni intervento richiede velocità e attenzione: «Anche un’auto danneggiata va trattata con cura».
Negli anni ha visto tante scene dure: migliaia airbag esplosi, auto da tirare fuori da canali, rottami, incidenti mortali. «Il 60% si potrebbe evitare: velocità, distrazione, alcool, troppa fiducia nel mezzo». La strada insegna, ma lascia il segno. E a chi lavora lì ogni giorno, ricorda che la responsabilità non si spegne con il motore.
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