Videogiochi, fede e transumanesimo in Protocollo Uchronia

Una brillante sviluppatrice che sta lavorando con la realtà virtuale per un’azienda di videogiochi. Un anziano papa in un 2099 dove sono improvvisamente scomparse le telecomunicazioni. Un’evoluta ricostruzione virtuale della Roma di Costantino. Sono i tre filoni narrativi che compongono il romanzo fantascientifico Protocollo Uchronia, scritto da Nikolas Dau Bennasib e pubblicato da Lumien nel 2022. Insieme al suo seguito, Progetto Parousia (2023), rappresenta uno dei sempre più crescenti esempi di letteratura videoludica, in cui scrittori e scrittrici traggono ispirazione dai videogiochi per le loro opere.

L’autore di Protocollo Uchronia, nato a Napoli nel 1991, ha studiato per alcuni anni filosofia e teologia in svizzera, prima di fare ritorno in Italia. Il suo percorso di studi emerge chiaramente all’interno dei suoi romanzi, che propongono ai lettori diversi interrogativi sulle posizioni transumaniste, sulla fede e sull’anima. Tutto ciò, affiancato ad altrettanto chiare suggestioni videoludiche. In particolare, come l’autore ha dichiarato in alcune interviste, l’ispirazione sarebbe arrivata da Assassin’s Creed, la popolare serie di Ubisoft in cui è possibile esplorare – episodio dopo episodio – diverse epoche storiche. L’idea alla base di Assassin’s Creed, che veniva messa ben in chiaro nei suoi primi capitoli, è quella di una alternanza tra il presente e il passato, in cui quest’ultimo si presenta come una sorta di ricostruzione digitale altamente immersiva. Per cui, tramite un apposito macchinario, un individuo può rivivere le esperienze dei suoi antenati, attingendo alle tracce della loro vita rimaste nella memoria genetica.

Protocollo Uchronia propone qualcosa di simile, immaginando una avanzatissima ricostruzione del passato, basata sui dati storici, con cui è possibile interfacciarsi assumendo il controllo di specifici personaggi, selezionati volta per volta. Uno dei tre archi narrativi che compongono il libro va proprio in questa direzione. Si seguono le attività di due misteriose entità digitali, Adam e Eve, che si muovono nell’antica Roma con l’intento di cambiare il corso della storia. Si lega ai videogiochi l’arco narrativo legato alla sviluppatrice Rebecca du Puit, che sta lavorando a un nuovo e futuristico visore per la realtà virtuale, attraverso il quale sarà possibile controllare il proprio avatar direttamente con la mente. Rebecca sta realizzando questo progetto per una azienda che sviluppa videogiochi, ma verrà ben presto contattata da realtà differenti, quando si scoprirà che il suo lavoro ha delle implicazioni che vanno ben oltre la creazione di una nuova e più avanzata esperienza videoludica. Sembra, infatti, che qualcuno abbia in mente di digitalizzare l’anima.

Come intuibile, i tre filoni narrativi alla base di Protocollo Uchronia sono collegati tra di loro. Man mano che ci si avvicina al finale del libro, si comprendono sempre di più i legami tra queste tre storie. Anche il successivo Progetto Parousia riprende lo stesso schema, alternando storie all’interno e all’esterno del mondo virtuale, così come si alternano le differenti linee temporali.

In ottica di cultura videoludica, i due romanzi di Nikolas Dau Bennasib sono certamente interessanti come esempio di sintesi tra suggestioni in apparenza distanti tra di loro, come il legame tra fede e videogiochi, che in realtà presenta molti punti di contatto.

di Francesco Toniolo

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