Italo Calvino, il cinema e le scelte da compiere durante i videogiochi
Nel suo testo Autobiografia di uno spettatore (1974), lo scrittore Italo Calvino si è trovato a fare il punto sul suo rapporto con il cinema. Va ricordato che Calvino è sempre stato un appassionato cinefilo, un assiduo frequentatore di cineclub e in diverse occasioni è stato anche un recensore cinematografico. All’interno del suo discorso, un punto molto interessante è quello del suo rapporto con le sceneggiature che – inaspettatamente o forse no – egli non ama particolarmente. Ciò che affascina Calvino è soprattutto ciò che rimane al di fuori delle sceneggiature, ciò che viene trasformato durante il processo creativo. Partendo da un ventaglio di possibilità narrative e visive, una sceneggiatura finisce poi per selezionare una specifica direzione, lasciando al di fuori un gran numero di altro materiale potenziale. L’interesse Calvino è in linea con quanto egli ha realizzato in opere come Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), un gioco combinatorio di differenti incipit. A suo modo, questo è anche un discorso involontariamente videoludico. Il videogioco apre spazi di manovra in tutti quei momenti che il cinema rimuove durante la scrittura della sceneggiatura (e poi, in un secondo momento, con il montaggio).
C’è, in primo luogo, la maggior apertura che deriva dalla scelta. In un videogioco si prendono sempre delle decisioni. A volte sono scelte narrative, che conducono la storia stessa in direzioni differenti. In altri casi le vicende rimangono sempre uguali, per cui – per esempio – Super Mario salverà sempre la principessa Peach, ma cambia il modo con cui si arriva a quel momento, in base alle azioni che facciamo compiere a Super Mario. Un’apertura di possibilità che si lega inevitabilmente alla letteratura combinatoria, di cui Calvino è stato un degno esponente. Ma c’è di più. In questo ventaglio di scelte, il videogioco non si limita a fornire maggiori opzioni rispetto al cinema, che va a selezionare una di queste possibili narrazioni. Il videogioco è anche generalmente ricco di tempi e momenti che nel cinema verrebbero tagliati o fortemente riassunti. Come il lungo viaggio di un eroe in una terra sconosciuta, che in un film di avventura viene sintetizzato in un paio di inquadrature, mentre nel medium videoludico si percorre tutto quel percorso, costellato da innumerevoli sfide e da una serie di battaglie contro briganti, mostri e bestie selvagge.
Detto ciò, è anche bene ricordare che pure i videogiochi passano attraverso un lungo processo creativo, durante il quale un gran numero di contenuti vengono tagliati o trasformati. Dalle prime concept arts al prototipo iniziale, e poi avanti lungo tutte le fasi del processo creativo. Capita spesso che diversi contenuti previsti vengano poi rimossi, magari per mancanza di tempo, ma lasciano comunque una traccia nascosta all’interno del videogioco definitivo. Una traccia che i data miners seguono per andare a scovare, ricostruire e talvolta persino reintegrare quei contenuti. In questo modo è possibile gettare uno sguardo perlomeno fugace a ciò che un certo videogioco sarebbe potuto essere. Allo stesso modo, le concept arts presenti negli artbook o condivise online offrono una testimonianza su ciò che è stato modificato o rimosso durante il processo creativo. Se Calvino fosse cresciuto coi videogiochi invece che con il cinema, probabilmente avrebbe apprezzato molto simili lavori di “scavo” nel processo di sviluppo.
di Francesco Toniolo
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