Stefano Massini illumina il festival di Veleia con le “storie che abitano la terra”

28 Giugno 2024 15:13

A cura di Donata Meneghelli – Foto di Gianfranco Negri

Stefano Massini ha tessuto storie, in uno spazio tra cielo e terra, a Veleia. Come scenografia naturale gli alti fusti degli alberi, radicati nella Terra (Gea) ma protesi al Cielo (Urano). Il suo spettacolo site specif, nato cioè per questo luogo, ha visto risuonare parole antiche ed insieme note dimenticate emesse da strumenti di un lontano passato che vibrano grazie al fiato e alle dita del musicista polistrumentista Massimiliano Dragoni, straordinario percussionista e “salterista”.

Ci prende per mano, Massini, e con un testo scritto appositamente per il Festival del teatro antico di Veleia diretto da Paola Pedrazzini, ridà forma e senso ad immagini mitiche che appartengono alla memoria collettiva di molti: re Mida, Narciso, Aracne, Zeus, Amore e Psiche, Filemone e Bauci (la quercia e il tiglio de Le Metamorfosi di Ovidio). Definisce i miti un “manuale di sopravvivenza dell’umanità”. Ce ne offre una chiave di lettura, introducendo i poli opposti di “Eros e Thanatos” del Freud più antropologo che psicanalista: rivela quanto noi umani siamo impastati di violenza e aggressività (memoria del nostro passato evolutivo) ma anche della spinta ad unirsi (anche qui carattere della nostra specie): siamo ‘animali sociali’ per usare la felice sintesi di Aristotele. E siamo capaci di poesia.

Non è un caso che Massini scelga come chiosa il mito di Orfeo che mostra come l’arte e la musica da sempre rendano più dolci le vite dei mortali. Massini è capace di ricreare le presenze – di ninfe e satiri, dee e divinità – che hanno abitato boschi e selve, così simili a quelli in cui il pubblico del Festival si ritrova. Quando tesse le storie, con la sua capacità affabulatoria, lo fa con indubbia passione perché a propria volta lui ne viene conquistato, affascinato, meravigliato. E noi ci ritroviamo avvolti, come in una raffinata e invisibile ragnatela, nel rito delle fiabe di bambini che volevamo ci fossero ripetute, dieci, cento, mille volte. Il teatro è, in fondo, il ritorno ad una comunità civile che si raccoglie e si riconosce nelle storie che abitano la terra.

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