L’Antonino d’oro a Lodovica Ghezzi e Mauro Carioni. “L’accoglienza è stile di vita”
04 Luglio 2024 13:06
La mattinata di festa dedicata al patrono si è conclusa, come da tradizione, nella basilica di Sant’Antonino dove, dopo la messa solenne celebrata dal vescovo Adriano Cevolotto, è stata consegnata l’onorificenza “Antonino d’Oro 2024” a Lodovica Ghezzi e Mauro Carioni, responsabili della casa famiglia Santa Lucia della Comunità Papa Giovanni XXIII.
“L’accoglienza per noi è uno stile di vita – le parole di Lodovica e Mauro -. Bisogna offrire una seconda possibilità e non chiudere la porta in faccia a nessuno”. “Non siamo di fronte alla presenza di supereroi, ma di gente normale – ha sottolineato don Giuseppe Basini -, la differenza sta nell’avere il coraggio di partire e iniziare a camminare con l’obiettivo di fare del bene”.
“Sicuramente il testimoniare che aprire la porta di casa non è brutto, anzi è molto bello. Far parte di una comunità che ti accompagna è sicuramente un altro aspetto importante” sottolinea Lodovica Ghezzi. “Questo Antonino d’oro è il riconoscimento dell’impegno che abbiamo profuso e testimonia l’importanza di offrire sempre una seconda possibilità” conferma Mauro Carioni.
Le parole del vescovo Cevolotto
“L’Antonino d’Oro – sono le parole del Vescovo – non vuole indicare persone e testimonianze eccezionali. Non siamo in presenza di supereroi, ma di persone assolutamente simili a tutti noi” che hanno consegnato la vita a Dio e sono stati capaci di compiere scelte di amore, aprendo le porte della propria casa a chi ha bisogno, a quelli che definiamo casi disperati e a quanti la nostra società troppo frettolosamente tende a scartare.
Il Vescovo ha messo l’accento su come si guarda alla realtà, su come la si legge e la si affronta. Uno stesso fatto può essere visto, capito e raccontato in modo molto diversi.
Del fatto storico del martirio di Sant’Antonino – ha esemplificato – si può mettere l’accento sulla sua uccisione oppure sul suo coraggio di rimanere fedele a scapito della sua stessa vita. Gli esempi nella cronaca giornalistica – ha proseguito monsignore Cevolotto – sono tanti: “un gesto violento fa più notizia dell’individuazione e dell’arresto del colpevole. Lo spopolamento della montagna merita più attenzione dei coraggiosi giovani che scommettono sul futuro della montagna”.
“È molto facile oggi – ha detto ancora il Vescovo – continuare a dare risalto a fatti (reali) negativi che accentuano lo sguardo preoccupato sul presente e sul domani. Il male reale e quello percepito non sono la stessa cosa eppure la percezione condiziona il senso di sicurezza, alimenta o riduce la fiducia, determina scelte coraggiose o piuttosto paralizza decisioni che generano futuro”. I colpevoli non solo i comunicatori “perché c’è una domanda diffusa di cronaca nera e la tendenza ad aggiungere nei nostri discorsi lamento e denunce che fanno prevalere il senso di sfiducia e di tristezza. Noi stessi non siamo ricercatori di buone notizie. O di notizie incoraggianti. Eppure noi siamo discepoli del Vangelo che alla lettera è «La buona notizia». Buona notizia dentro lo scorrere di una storia che è tutt’altro che la riedizione del libro Cuore”. Il Vangelo aiuta a leggere la realtà in un modo diverso e ad “assumerci tutti l’impegno di dare voce alla cronaca buona che ci circonda”.
© Copyright 2024 Editoriale Libertà
NOTIZIE CORRELATE