«L’approccio scientifico è stato fondamentale nel percorso creativo di Shogun no Katana»

Da una parte c’è chi pensa che il mondo dei giochi da tavolo sia qualcosa tenuto in vita solo da vecchi nostalgici che non si arrendono allo strapotere moderno dei videogame; dall’altra c’è Federico Randazzo, che non solo scopre il lato entusiasmante di questo hobby a 20 anni, ma arriva a preferirlo a qualsiasi svago su Play-Station. Una passione forte, nata nella sede della casa editrice Placentia Games durante gli appuntamenti settimanali destinati alle cosiddette “game nights” (serate gioco), che porta Federico a sentire anche la vocazione da designer. Infatti, circa dieci anni dopo aver scoperto la complessità di questo hobby, pubblica il suo primo titolo: Shogun no Katana.

La tua prima opera nel mondo dei board game è ambientata nel Giappone feudale. Il tuo processo creativo è partito dalla meccanica di gioco o da una passione per il paese del Sol Levante?

Questa è una domanda che mi è stata posta spesso da altri autori di giochi. Ho notato che, per molti, la tematica del gioco suggerisce la meccanica, ma per me non è mai stato così. Nel processo creativo di Shogun no Katana, come per altri miei prototipi, sono partito da una meccanica che pensavo potesse essere innovativa e divertente. Solo in un secondo momento ho scelto con cura il tema che meglio si adattasse alla dinamica di gioco. Quindi, non è stata una passione preesistente per il Giappone a dare il via a Shogun no Katana, ma piuttosto il gioco stesso ha suscitato in me una crescente curiosità e interesse per la storia e la cultura giapponese.

Spesso i designer di giochi da tavolo hanno un percorso di studi legato a materie scientifiche. Il tuo qual è stato e in che modo ti ha aiutato come designer?

Ho una laurea in Tecniche di Laboratorio Biomedico, una in Biotecnologie Mediche, Veterinarie e Farmaceutiche, e attualmente sono uno studente specializzando in Patologia Clinica e Biochimica Clinica. Quindi, rientro in quella casistica. Questi studi mi hanno fornito un grande supporto, specialmente nella parte di statistica e calcolo delle probabilità. Anche se non è la prima cosa che si nota quando si gioca, un’analisi più attenta rivela come questi elementi siano fondamentali per bilanciare le dinamiche di gioco, evitando che diventino noiose.

Per quanto riguarda lo sviluppo del prototipo e la sua trasformazione in un gioco finito, posso dire che il metodo scientifico mi ha guidato: ho condotto test per identificare problemi di gioco, implementato modifiche per risolverli e testato nuovamente. In questo processo, molte persone hanno contribuito al suo perfezionamento, e vorrei fare una menzione speciale all’associazione Orizzonte degli Eventi di Piacenza. Grazie a loro, ho trovato molti giocatori disposti a testare la versione iniziale di Shogun no Katana. In particolare, due soci e amici, Fabio Capelli e Michele Zacconi, sono stati fondamentali con i loro preziosi consigli e suggerimenti.

Quale è stata la fase di sviluppo di Shogun no Katana che è risultata più complicata?

Penso che la parte più complessa sia stata il bilanciamento del gioco, assicurando che non ci fossero strategie obbligate o dominanti. Fortunatamente, lo sviluppo del gioco è stato portato avanti dai ragazzi di Post Scriptum, l’editore del gioco, che hanno fatto un lavoro magistrale nel rifinire le meccaniche, affinare le regole e bilanciare con estrema precisione tutte le dinamiche di gioco. È proprio grazie a Post Scriptum (Placentia Games) che Shogun no Katana ha raggiunto la maturità ed è diventato un prodotto finito e pronto per il mercato mondiale.

C’è una tua passione particolare che vorresti rendere la base del tuo prossimo gioco da tavolo?

Da qualche anno, ho iniziato a dipingere e trovo che sia un’attività molto rilassante. Ho già provato a sviluppare un paio di idee relative alla tematica della pittura, ma finora non ho ottenuto un risultato che mi soddisfacesse pienamente. Tuttavia, non escludo la possibilità di riprendere questa tematica in futuro. Se ti interessa vedere qualche mio lavoro (anche se non è nulla di eccezionale), puoi trovarlo sulla mia pagina Instagram, van_ghigo.

Pensi che Piacenza sia una città che aiuta la diffusione del gioco “senza corrente”?

Assolutamente sì! Piacenza è una piccola perla per gli appassionati di questo hobby. La città offre una varietà di realtà, sia commerciali che non, che favoriscono l’aggregazione sociale e organizzano eventi di gioco sia durante la settimana che nei weekend. Un esempio straordinario è l’associazione ludica “Orizzonte degli Eventi”. Con un consiglio direttivo giovane e dinamico, questa associazione organizza diverse serate settimanali, mettendo a disposizione una ludoteca ricchissima dove è possibile trovare e giocare una vasta gamma di titoli, con persone diverse.

Oltre alle associazioni, ci sono molti gruppi di amici che si ritrovano settimanalmente per giocare insieme i giochi più vari. Questo aspetto mi entusiasma particolarmente: è un hobby in continua espansione e vedere che chi inizia a giocare non smette più, entrando a far parte di questa vibrante comunità, è davvero gratificante. Le serate di gioco sono piene di chiacchiere e risate, rendendo Piacenza un vero e proprio fulcro di socialità e divertimento.

di Carlo Chericoni

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