Galep, il “papà” di Tex Willer, sepolto due volte. I ricordi e i disegni a Campo Frati

15 Agosto 2024 06:30

Sergio e Lucia Quattrini, nipoti di Gael

Campo Frati, pochi chilometri da Mezzano Scotti di Bobbio. La strada porta lì sull’aia e poi finisce. C’è però un tavolo di legno con le gambe robuste, che s’affaccia sulla valle e il fiume. Aurelio Galleppini, che iniziò a creare Tex Willer nel 1948, stava seduto lì a disegnare ore e ore. Lo faceva per tutto il paese che gli correva incontro e lo guardava come se, in fondo, anche lui potesse essere invulnerabile alle pallottole.

Sono passati trent’anni dalla sua morte, nel 1994. Solo poche settimane prima, aveva firmato la sua ultima copertina, la numero 400: Tex Willer saluta. Sullo sfondo il sole giallo delle decine di migliaia di tavole, delle edizioni straniere che fecero il giro del mondo, delle strisce di vecchie avventure, degli illustrati. Qualcuno ci ha visto la luce che fa Campo Frati.

A Mezzano una via lo ricorda, a pochi metri dal cimitero dove resta la lapide con la sua firma, Galep, anche se la tomba è vuota perché la salma venne traslata a Chiavari. Ci sono però i ricordi di tanti, a Campo Frati: “Appena zio Galep arrivava era una festa, era la festa”, dicono Sergio e Lucia Quattrini, i nipoti. Quattrini, come la moglie di Aurelio, la signora Ines di Campo Frati (Agnese all’anagrafe), conosciuta a Rapallo dove lei, giovane e bella, faceva l’ostetrica.

Per qualcuno Galep è un monumento: “Tex, per me, è un monumento nazionale del fumetto”, spiega il giornalista e storico Ermanno Mariani, tra i collezionisti piacentini. In casa conta oltre 750 numeri. “Mi chiedi perché leggo Tex Willer? Perché chiunque vorrebbe avere un amico come Tex Willer”.

In via Roma, invece, ogni giorno si può incrociare un altro fumettista importante, Giovanni Freghieri, nello staff di Dylan Dog: “Il mio primo Tex me lo ricordo benissimo. Costava 200 lire e quindi lo acquistai di nascosto da mia madre, che mi avrebbe detto di risparmiare, e che costava troppo per noi. Ma io lo volevo tantissimo. Così lo misi sotto la giacca per non farglielo vedere e accelerai il passo dall’edicola di via Alberoni a casa. Galep sapeva trattare un giustiziere come Tex con poesia”.

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