Billy Joel: “Saluto la mia New York e vado alla conquista dell’America”

Avevamo avvicinato Billy Joel nel 2018 al Madison Square Garden. L’inconfondibile “piano man” ci aveva detto:«Suono qui ogni sera perché su questo palco mi sento a casa». Un’affermazione che chi ha avuto modo di seguire anche solo uno dei suoi show come artista residente in quello che è non solo il cuore sportivo, ma anche rock, della Big Apple capisce molto bene. Per tutti gli altri:immaginate un fiume di persone cantare in coro “Honesty” e poi saltare al ritmo di “Uptown girl” come se non ci fosse un domani.
La notizia che ci ha raggiunto in piena estate, dunque, è stata particolarmente “tosta”: dopo 150 concerti al Madison Square Garden, Billy Joel gli ha detto addio. E se tutto questo è un colpo al cuore all’amata New York – soprattutto da parte di uno che intona «I’m in a New York state of mind» facendo grondare di nostalgia anche questo cuore remoto, imprigionato nella Pianura Padana -, c’è anche una notizia positiva:proseguono le date del tour americano, alcune delle quali lo vedranno condividere la scena con Sting, accompagnato dalla straordinaria band di sempre.
Ecosì, passando per Il Palagio, riusciamo a chiedergli qualcosa in merito a questa decisione, che sembra irremovibile nonostante il primo concerto al Madison risalga al 1978, «ma dal 2014 ho tenuto un concerto al mese ed è stato davvero come sentirsi a casa».

Il grande pianista e songwriter 75enne ha salutato il pubblico newyorkese con evidente commozione, chiamando sul palco le sue figlie più piccole per intonare con loro “My life”. «Ho voluto esprimere il concetto della vita che è una ruota che gira, e anche un addio si lega a un inizio».

Glielo avranno già chiesto, ma ce lo ribadisca. Come mai questa decisione?
«Ricordo bene quando, quasi all’improvviso, mi resi conto che i miei concerti al Madison Square Garden avevano raggiunto quota 100. Com’è possibile?, pensai. Lo dissi ai musicisti della band e anche loro sussultarono. E in pratica, dietro l’angolo, i concerti sono diventati 150. Da qualche tempo ho iniziato a tenere alcuni show in giro, sono stato anche in Europa, a Londra, ed è stato stupendo. A un certo punto bisogna decidere dove incanalare le proprie energie. Voglio dedicare più tempo alla mia famiglia, e soddisfare anche il pubblico che vive altrove e mi apprezza».

Al Madison Square Garden sono stati tanti i momenti indimenticabili per il pubblico, ogni sera con un ospite diverso e d’eccezione. Quali sono stati i migliori per lei?
«Li ricordo tutti… Peter Frampton, Bruce Springsteen, John Mellencamp, Elvis Costello, Tony Bennett, Paul Simon, John Fogerty, Mick Jones, Miley Cyrus, Chick Corea, Eric Clapton, B.B. King, Sting…il Madison Square Garden è stato e continuerà ad essere il centro dell’universo per quanto mi riguarda. Ha la migliore acustica, il miglior pubblico, la migliore reputazione e la migliore storia di grandi artisti che vi hanno suonato. È l’iconico e sacro tempio del rock and roll ed essendo newyorkese, io gli apparterrò sempre».

Lei è stato, e andrà, in tour con Sting, ma è reduce da una serie di date con Stevie Nicks. Come si è trovato?
«Molto bene. Ho sempre amato andare in tour insieme ad altri artisti. Per questo motivo, in passato l’ho fatto con Elton John, anche quando dicevano che eravamo rivali. C’è sempre stata grande stima e complicità, e poi mi è sempre piaciuto cantare le canzoni degli altri. L’ho fatto con Stevie Nicks, lo rifarò con Sting, e l’ho fatto duettando con i vari special guest dei miei concerti newyorkesi».

Da molti anni non pubblica un album di inediti. E’ sempre convinto di non voler registrare nuove canzoni?
«Direi proprio di sì, quello che dovevo esprimere ce l’ho già tutto in repertorio. A casa compongo, ma in privato… una cosa fra me e me».

Ho scoperto che esiste uno spartito con arrangiamenti per arpa di tutte le sue hit più famose. Lo sapeva?
«Non lo sapevo, lo trovo favoloso! Conferma che il mio repertorio va bene così e che ha ancora molto da esprimere».

di Eleonora Bagarotti

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