Redditi: a Piacenza il 31,5% sotto i 15mila euro, Gazzola tra i più ricchi in regione

05 Settembre 2024 16:56

Gazzola è il primo comune in Emilia Romagna per redditi oltre i 75mila euro dichiarati nel 2022 e il secondo in regione per reddito medio: lo rivelano i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2023 (con riferimento ai redditi del 2022).

Zerba e Morfasso risultano tra i comuni con i redditi medi più bassi.

Il capoluogo Piacenza si colloca al quinto posto tra le città dell’Emilia Romagna, il 31% ha dichiarato un reddito inferiore a 15mila euro, il 3,3% superiore a 75mila, il 60,6% tra 15mila e 75mila.

Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblica annualmente i dati, disaggregati per livello comunale, relativi alle dichiarazioni dei redditi effettuate nell’anno precedente.

L’Emilia-Romagna si è confermata al terzo posto tra le regioni italiane, dopo la
Lombardia e la Provincia Autonoma di Bolzano, per reddito imponibile medio pro capite, registrando tuttavia una crescita, rispetto all’anno precedente pari al 4,3%, inferiore alla crescita media nazionale (4,9%).

I comuni che registrano i redditi medi imponibili più elevati della regione non sono però quelli capoluogo e nei primi due casi, Albinea (Re) e Gazzola (Pc), non rientrano neppure nell’ambito delle province mediamente più ricche.

I comuni che registrano redditi imponibili più bassi condividono invece tra loro una dimensione demografica medio-piccola e in alcuni casi piccolissima, come Zerba (Pc), che conta appena una settantina di residenti ed è il comune con meno abitanti di tutta la regione

LE DICHIRAZIONI DEI REDDITI

 

 

LE DICHIRAZIONI DEL segretario regionale Cgil Emilia Romagna Massimo Bussandri

“Il fatto che oltre il 60% dei redditi dichiarati in Emilia-Romagna si collochi nella fascia tra i 15.000 e i 55.000 euro è indicatore di una certa equità nella distribuzione dei redditi della nostra regione, certamente maggiore rispetto ad altre zone del Paese, tuttavia alcuni dati fanno suonare un forte campanello d’allarme.

La crescita dei redditi da lavoro dipendente è di gran lunga inferiore rispetto all’andamento dell’inflazione. La questione salariale, che la Cgil solleva in tutto il Paese, comincia a diventare questione centrale anche in Emilia-Romagna, dove abbiamo sicuramente tante occasioni di lavoro ma evidentemente ancora poca diffusione del lavoro di qualità.

Anche la crescita dei redditi da pensione non tiene il passo della perdita del potere d’acquisto per effetto delle tante sforbiciate ai meccanismi di rivalutazione.

C’è poi il fenomeno, molto curioso, del contestuale aumento esponenziale dei redditi da lavoro autonomo e da attività d’impresa, in questo caso superiore alle dinamiche inflazionistiche, che segnala due cose: il fatto che quest’ultima tipologia di lavoro “rende” di più rispetto al lavoro dipendente, perché evidentemente la ricchezza prodotta è mal distribuita fra le due tipologie; il fatto che la “flat tax” ha probabilmente fatto emergere alcune zolle di evasione fiscale. Non guardiamolo come un fatto positivo, perché sarebbe triste e paradossale che per limitare il ricorso all’evasione in questo Paese si debba “certificare” un sistema che fa pagare più tasse a chi guadagna meno, lavoratori dipendenti e pensionati, e meno tasse a chi guadagna di più.

Alcuni dati chiamano in causa anche i ragionamenti che dovremo fare nella direzione di una manutenzione avanzata del Patto per il Lavoro e per il Clima. Abbiamo in questa regione un forte squilibrio territoriale di redditi, anche e soprattutto da lavoro dipendente, e una provincia (Rimini) che si colloca al di sotto della media nazionale. Il disegno di una Emilia-Romagna a due o più velocità è sempre più realistico e tuttavia è un tema da r

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