L’estate di “Stand by me” – Il mondo nostalgico secondo Reiner & King

I protagonisti della pellicola divenuta nel tempo un autentico cult

Se avete amato i Goonies, sarete certamente conquistati da “Stand By Me – Ricordo di un’estate”, opera del regista Rob Reiner, uscito nel lontano 1986 in America e distribuito nei cinema italiani il 27 marzo 1987. Tratto dal racconto di Stephen King “The Body” (contenuto nella raccolta “Stagioni diverse”), il film è ambientato sul finire dell’estate 1959 a Castle Rock, una immaginaria cittadina dell’Oregon.
La piccola comunità, solitamente immersa in una tranquilla atmosfera country degna della contea di Hazzard, è sconvolta per via della misteriosa scomparsa di un dodicenne.
Due adolescenti sostengono di averne visto il cadavere lungo il fiume (lontano dal centro abitato) e mentre ne parlano vengono spiati casualmente dal fratellino di uno di loro. Questi, un ragazzino goffo e cicciottello di nome Vern, decide di comunicare la sconvolgente notizia ai suoi migliori amici: l’arguto Gordie, il coraggioso Chris e lo strambo Teddy.
L’avventura è fin troppo ghiotta perché il gruppo possa rinunciare a viverla: i quattro decidono di organizzare una spedizione – armati di sacco a pelo e cocciutaggine – e di andare a recuperare il corpo del loro coetaneo.
Non importa loro dover camminare per cinquanta chilometri, o forse di più; non li spaventa avere solo pochi spiccioli e scarsissime riserve di cibo. Tutto ciò che vogliono i quattro protagonisti di questa storia è fare il loro primo, vero viaggio verso l’età adulta.
Che sia solo il viaggio di una notte o due, il gruppo va incontro al proprio destino, lasciandosi alle spalle gli insulti e il bullismo dei ragazzi più grandi, ma soprattutto situazioni familiari difficili. Gordie, voce narrante del film, ha perduto il fratello maggiore in un incidente automobilistico; Chris è accusato di aver rubato la cassa comune della scuola; il papà di Teddy è rinchiuso in manicomio.

I quattro amici lungo le rotaie di una vecchia tratta rugginosa

Insomma, ognuno di loro ha il suo macigno che lo opprime, dal quale deve liberarsi: ritrovare il corpo del ragazzino scomparso diventa il loro unico scopo, forse la sola possibilità di riscattarsi ed è certamente l’ultima impresa da affrontare insieme prima che la vita (e l’inizio delle scuole superiori) li separi.
Il film ambientato nella natura incontaminata dei boschi dell’Oregon lascia senza fiato. La colonna sonora composta da grandi successi da jukebox anni Cinquanta è da sogno. Il titolo originale del film era appunto “The Body”, ma fu cambiato proprio grazie alla meravigliosa canzone di Ben E. King utilizzata nei titoli di coda della pellicola. Michael Jackson voleva farne una cover di “Stand by me” per il film, ma il regista preferì comunque l’originale.
Nel cast spiccano Jerry O’Connell (che ritroveremo protagonista nella serie “Il Mio Amico Ultraman”) nei panni di Vern, Corey Feldman (che sarà tra i protagonisti de “I Goonies”) in quelli di Teddy, Kiefer Sutherland (“Ragazzi perduti”, “Young Guns”) e John Cusack (“Sixteen Candles”, “Sacco a pelo a tre piazze”).

Kiefer Sutherland a capo della banda dei bulli

Tra cupezza e spensieratezza si sviluppa una delicata opera di formazione che vede, tra le altre, anche un’ottima interpretazione del compianto River Phoenix (fratello di Joaquin) morto di overdose ad appena 23 anni nel 1993.
Una nota curiosa: durante la proiezione privata con lo scrittore Stephen King, il regista Rob Reiner ha notato che King era visibilmente scosso e non parlava. Finita la proiezione King ha lasciato la stanza e al momento del suo ritorno ha detto al regista che il film era il miglior adattamento dai suoi libri che avesse mai visto.
In “Stand by me” si possono trovare diversi elementi che richiamano il “viaggio dell’eroe”, struttura narrativa utilizzata nell’ambito della scrittura creativa, che possiamo trovare nel saggio dello sceneggiatore hollywoodiano Christopher Vogler.
La crescita personale, la chiamata all’avventura, l‘attraversamento della soglia (il bosco), le sfide, la guida (la figura di Chris), l’abisso (il ritrovamento del corpo), la conquista dell’elisir (la consapevolezza acquisita del mondo e di se stessi), sono le componenti del “viaggio dell’eroe” inseriti a regola d’arte nella pellicola cinematografica.
La formula dei quattro amici preadolescenti soli contro il mondo che lavorano per diventare grandi, funziona alla grande e regala allo spettatore l’immagine di un mondo nostalgico e ormai perduto, che però continua ad essere ripreso ai giorni nostri da serie televisive come “Stranger Things”.

di Massimo Cavozzi

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