“Sicura, ma preoccupano le bande giovanili”: così i piacentini vedono la città

26 Settembre 2024 11:36

Piacenza è una città tutto sommato sicura, anche se si segnalano aree e fenomeni critici come lo spaccio di droga ed episodi di microcriminalità con protagonisti i più giovani.

Ecco come è vista la nostra città dai piacentini, stando a quanto emerso nel sondaggio sulla percezione della sicurezza urbana che il Comune – attraverso la ditta specializzata Poleis di Ferrara – ha somministrato telefonicamente da aprile a maggio ad un campione stratificato di 400 persone abitanti a Piacenza, rappresentativo della popolazione cittadina per sesso, classe d’età e quartiere o frazione di residenza.

Stando ai dati, resi noti nella mattinata di giovedì 26 settembre a Palazzo Farnese alla presenza delle istituzioni – tra i quali la sindaca Katia Tarasconi – e rappresentanti delle forze dell’ordine, non sono stati raccolti particolari riferimenti a crimini violenti o a furti in abitazione, reati che vengono segnalati in calo anche dalle autorità: tuttavia, emergono alcuni segnali importanti di disagio sociale.

disagio sociale e devianza giovanile

Il primo è quello relativo allo spaccio di droga, spesso descritto come fenomeno consolidato in città e denunciato dai più nelle sue forme più visibili (piccolo spaccio in luoghi pubblici), il secondo fa invece riferimento alla devianza giovanile.
Pur non avendo, le forze dell’ordine, riscontrato la presenza di vere e proprie baby-gang, tanti intervistati segnalano situazioni di devianza giovanile: questa si manifesta attraverso vandalismi, molestie, piccolo spaccio o comportamenti non necessariamente illegali ma di malcostume.
A fare le spese di queste criticità sono, prima di tutto, altri ragazzi.

la sicurezza in cittÀ e nei quartieri

Stando al 48,9% la città è “molto sicura” o “abbastanza sicura”, mentre il per 51,1% dei piacentini intervistati è “poco sicura” o “per niente sicura” se si pensa alla criminalità. Ma ecco una interessante contraddizione: interrogati in merito al quartiere di residenza, il 75,6% dei piacentini lo considera “molto” o “abbastanza sicuro” e solo il 24,4% lo ritiene “poco” o “per niente sicuro”.

i reati

Nell’ultimo anno, il 10,2% degli intervistati dichiara di essere stato vittima di reati: 36 degli 87 reati segnalati non sono stati denunciati, specie perché non ritenuti abbastanza gravi (25,8% dei casi), o perché le forze dell’ordine “non avrebbero potuto fare nulla” (21,8%). Il furto in abitazione è il reato più temuto: lo cita il 49% degli intervistati; seguono, con il 47%, scippi e borseggi. Tra gli strumenti di difesa, il 60% degli intervistati vanta inferriate e/o porte blindate; attorno al 40% antifurti, assicurazioni sulla vita e contro i furti; il 30,4% ha installato telecamere. I metodi di difesa “attiva” sono minoritari; il 6,4% degli intervistati possiede un’arma e il 5,7% pensa di acquistarla. Molto più diffuso (18,7%) lo spray al peperoncino.

immigrazione e sicurezza

Il 63,3% degli intervistati ritiene che le persone immigrate siano “una risorsa per la nostra economia”, mentre il 57% è convinto che rappresentino al tempo stesso anche “un pericolo per l’ordine pubblico”.

violenza di genere

Il 51% degli intervistati pensa che la violenza di genere sia “abbastanza” o “molto diffusa” a Piacenza (mentre il 14,2% non sa esprimersi).
Oltre un terzo dei piacentini intervistati conosce donne che, negli ultimi cinque anni, sono state vittima di violenza psicologica. Più in basso troviamo lo stalking (32,9%), la violenza fisica (28,8%) e il cat-calling (28,7%).
⁠Il 63,3% degli intervistati consiglierebbe a una donna vittima di violenza di sporgere denuncia, il 34,5% la “indirizzerebbe ai centri antiviolenza”, il 29,1% le direbbe di allontanarsi da chi l’ha agita, il 25,1% di chiamare il 1522.

sicurezza stradale

In molte interviste ricorre inoltre il tema della sicurezza stradale, visto da molti come principale pericolo all’incolumità e segnalato anche da osservatori privilegiati quale primo fattore di rischio. I cittadini intervistati evidenziano un’alta frequenza di incidenti, specialmente investimenti di pedoni e ciclisti. Se tuttavia molti chiedono di togliere spazio alle auto per restituirli alla comunità, una minoranza rivendica la possibilità di raggiungere più facilmente il centro in auto, individuando nei parcheggi luoghi pericolosi.

cosa fare?

Dalle interviste emerge la necessità di una risposta articolata e di lungo periodo ai fenomeni di insicurezza e disagio sociale, che esca da logiche emergenziali e non insegua la narrazione talvolta esagerata dai social media.

forze dell’ordine, esercito e polizia locale

La presenza visibile e costante sul territorio delle forze dell’ordine e della polizia locale è percepita come rassicurante, ma trova consenso ancor più trasversale quando è improntata alla costruzione di relazioni quotidiane nei quartieri per prevenire più che reprimere. Molto più divisivo il presidio dei militari presso la stazione ferroviaria di Piacenza: non per tutti è sinonimo di sicurezza.

i compiti dell’ente locale

Videosorveglianza e illuminazione sono utili, ma possono “diventare l’unico modello per fare sicurezza”. Alla dotazione infrastrutturale va affiancata la cura del territorio, perché per la maggior parte degli intervistati “un ambiente degradato favorisce” il malcostume” e l’organizzazione di eventi pubblici “perché la microcriminalità ha più spazio quando non c’è gente”.
Ottengono riscontri molto positivi le attività, specie nel Terzo Settore, in ambito di educativa di strada, formazione e aggregazione giovanile.

la rete istituzionale e il mondo del terzo settore

Dalle interviste emergono pareri contrastanti nella capacità dei diversi attori cittadini di fare rete. Promosse, soprattutto dalle organizzazioni di rappresentanza, le occasioni di confronto con istituzioni e forze dell’ordine, “una collaborazione non solo formale ma anche sostanziale” che si è tradotta in protocolli condivisi, formazione e rapporti più diretti. Maggiori difficoltà nel mondo dell’associazionismo: “è una città che fatica a lavorare insieme. Si esclude perché siamo in tanti, c’è concorrenza, d’altronde è anche lavoro”.

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