Stewart Copeland: “Sono tornato in Italia per stravolgere dal vivo le canzoni dei Police”
Stewart Copeland è tornato in Italia per riproporre, con orchestra e arrangiamenti brillanti, le splendide canzoni dei Police, che hanno entusiasmato il pubblico sia a Ferrara che a Milano. “Police Deranged” potrebbe essere tradotto, letteralmente, in vari modi, ma forse “Lo stravolgimento dei Police” è quello che suona meglio, vista la capacità di trasformare, sempre con grande attenzione al ritmo e alle armonie di base, le hit più celebri. «Il gong, ogni tanto, ci sta benissimo!», scherza Stewart (ma mica tanto: il gong, ogni tanto, lo percuote davvero!), che suona anche la chitarra.
Copeland, è vero che gli arrangiamenti per questi concerti sinfonici nascono da una colonna sonora su alcuni filmati Super8 dei Police?
«E’ così. Dovevano entrare a far parte di un film dedicato alla band e ci voleva una colonna sonora, nuova ma sul nostro repertorio. Durante le ricerche, mi sono imbattuto in moltissimo registrato mai utilizzato: dagli assoli alle tracce live e molto altro. Ho fatto un lavoro di “taglia e cuci” e poi ho sistemato tutto, ottenendo un risultato innovativo. Mi è piaciuto e l’ho riproposto in tour dal vivo con l’orchestra sinfonica. Dopo i Police, ho avuto modo di lavorare parecchio con orchestre sinfoniche, mia nonna materna era una cantante lirica e in casa si ascoltava ogni genere di musica. Il crossover mi interessa da prima che diventasse una certa “moda” nel mondo del rock, che oggi spesso è rivisitato in stile sinfonico».
A proposito di una nuova reunion dei Police, il suo amico Andy Summers ha dichiarato: “La mia porta è sempre aperta”. La sua, invece, com’è?
«Partiamo con il dire che, per la recente ristampa di “Synchronicity”, abbiamo collaborato. I rapporti tra noi oggi, rispetto al passato, non sono affatto tesi. Ma non credo, onestamente, vi siano possibilità di riunirci ancora».
Cosa ne pensano Andy e Sting di “Police Deranged”?
«Prima di tutto, ognuno di noi rispetta il percorso dell’altro, anche quando in questo rientra il repertorio dei Police. Quello più preoccupato del risultato, all’inizio, ero io. Ma poi il suono maestoso, con improvvisazioni continue e collaborazioni con musicisti ottimi – una delle ragioni per cui, qui in Italia, mi sento a casa è legata alle collaborazioni fruttuose con tanti di loro (dalla Notte della Taranta ai recenti concerti con Faso di Elio e le Storie Tese, Gianni Rojatti, Vittorio Cosma e tre coriste che ricalcano le parti vocali di Sting, ndr) – è piaciuto al pubblico e il motivo è che non “stravolge” veramente, in realtà ripropone in modo originale, canzoni come “Roxanne”, “Message in a bottle”, “Every breath you take”, “King of pain” e tutte le altre che il pubblico ha ancora voglia di ascoltare. Ed io di suonare!».
Questa non è la nostra prima chiacchierata, quindi mi concedo una curiosità personale: lei è figlio di un agente segreto e di un’archeologa. Com’è stato crescere con due genitori dai mestieri tanto particolari?
«Grazie per la domanda, mi fa sempre piacere parlare dei miei genitori. Sicuramente, a noi figli, hanno dato molti spunti, sia storici che intellettuali – soprattutto mamma – e sociali, con la possibilità di spostarci e di vivere, sin da piccoli, dall’altra parte del mondo. Ma, per me, erano soprattutto mamma e papà, affettuosi, disponibili e anche divertenti. Cerco di avere lo stesso approccio con i miei otto figli».
Tornando alle origini, all’inizio lei ha militato nei fantastici Curved Air. Lì si è fatto le ossa, poi si è perfezionato e ha trovato il suo suono nei Police. Cosa ricorda di quella fase?
«E’ stata fondamentale per me, musicalmente e nella vita privata (la cantante Sonja Kristina è stata la prima moglie di Copeland, ndr) . Se riascolto qualche pezzo, oggi, penso che i Curved Air siano ancora una grandissima band:eravamo Prog prima di tutti gli altri, in un periodo in cui la musica esprimeva anche una certa rabbia, ma sempre gioiosa».
Un ringraziamento al grande collezionista ed esperto musicale Alberto Genero, che ha contribuito a questa intervista.
di Eleonora Bagarotti
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