Il difficile passaggio dell’horror dal cinema al mondo dei videogame
In occasione di Halloween, potete rispolverarne alcuni “soft” come Granny’s Garden o Texas Chainsaw Massacre, dall’omonimo film
Settimana prossima ci sarà Halloween, la notte delle streghe e dei fantasmi, una delle migliori occasioni per ripescare qualche film horror da vedere. Storie di spettri, di zombie, di vampiri e di demoni, pensate per farci saltare sulla sedia con uno spavento improvviso dopo un crescendo di tensione. Per quanto siano stati spesso snobbati per la loro natura di “film di genere”, molti horror sono rimasti ben saldi nell’immaginario collettivo. Come si può intuire, anche i videogiochi hanno voluto seguire questo filone fin dall’inizio della loro storia, andando spesso ad attingere proprio all’immaginario cinematografico. I primi esperimenti del passato non sono proprio riusciti, anche solo per le limitazioni tecniche dei primi computer e console. Eppure, soprattutto quando si è bambini, basta poco per spaventarsi. Persino con dei videogiochi che – a ben vedere – non erano nemmeno horror. Come nel caso di Granny’s Garden, un videogioco educativo del 1983, in cui bisogna risolvere una serie di rompicapi. Tante persone che ci giocarono quando erano bambine hanno ricordato, a distanza di anni, che la strega presente in quell’avventura li aveva terrorizzati. Esempi come questo hanno portato molti studiosi (in particolar modo Bernard Perron, probabilmente la persona che si è maggiormente dedicata allo studio dei videogiochi horror) a interrogarsi sulla natura stessa di questo genere.
Parliamo di videogiochi horror quando ci fanno paura? Potremmo dire di no, perché altrimenti anche Granny’s Garden diventerebbe un horror. Così come lo diventerebbe il cartone animato Biancaneve e i Sette Nani di Walt Disney, considerando il numero di bambini traumatizzati dalla trasformazione della regina cattiva nella vecchia strega. E d’altro canto ci sono anche coloro che non si spaventano minimamente davanti agli horror (cinematografici e videolu-dici) più spaventosi.
Ma torniamo ai rapporti col mondo del cinema. Nello stesso anno di Granny’s Garden venne anche pubblicato il videogioco tratto dal film Texas Chainsaw Massacre del 1974 (arrivato in italiano col titolo Non aprite quella porta). Si gioca nei panni di Leatherface, l’assassino armato di motosega che si vede nel film, e bisogna andare in giro a eliminare una serie di vittime, evitando al tempo stesso ostacoli di varia natura (come siepi e staccionate). Complice la grafica limitata, è difficile dire che questo gioco sia “spaventoso”, e a ben vedere è ancor più difficile definirlo un “adattamento” del film originale. In questo videogioco non c’è praticamente nulla della trama di Texas Chainsaw Massacre. Ciò che si trova al suo interno è, al più, l’adattamento di un singolo tassello del film: l’idea che ci sia un killer che va in giro con una motosega.
Sarebbe servito qualche altro anno per poter assistere a operazioni un po’ più complesse, in cui il videogioco va a interfacciarsi diversamente con il film a cui è legato, andando per esempio a espanderne la storia con delle nuove narrazioni. E’ per esempio il caso di Alien: Isolation del 2014, che si inserisce all’interno della popolare saga cinematografica nata col film Alien di Ridley Scott del 1979. Il videogioco non tenta in questo caso di trasporre la storia del film in un altro medium e propone invece una narrazione originale. Viene infatti raccontata la storia di Amanda Ripley, la figlia della protagonista di Alien, che si trova intrappolata su una stazione spaziale e deve scappare da uno xenomorfo (i temibili alieni apparsi nei film).
di Francesco Toniolo
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