Esplora il mondo e torna a Borgonovo: “Qui nasce il mio progetto di agroforestazione”
03 Novembre 2024 02:45
Appena diplomato, Elia Agosti ha lasciato casa insieme alla compagna, anche lei di Borgonovo Val Tidone, per esplorare il mondo. Dopo undici anni, è tornato e ha scelto di intraprendere un progetto rivoluzionario per i tempi moderni, dominati da intelligenza artificiale e criptovalute: ha fondato una piccola azienda agricola basata sui principi etici ed ecosostenibili dell’agroforestazione.
Agosti, classe 1988, ha dato vita al suo sogno, “Il filo di salice”, su un terreno di 11mila metri quadrati (8mila dei quali coltivati) in fondo a via Zerbaglio, ai margini di Borgonovo, dove coltiva ortaggi e li vende direttamente al pubblico. L’azienda segue il modello di “market garden”, utilizzando una pratica agricola che integra alberi, piante perenni e ortaggi.
“Questa combinazione migliora la qualità del suolo e la resilienza delle colture”, spiega Agosti. “Un sistema così diversificato riduce l’erosione, ottimizza la ritenzione idrica e crea un habitat favorevole alla biodiversità, promuovendo la rigenerazione naturale del terreno”. In pochi anni – l’azienda è nata nel 2021 – Agosti ha piantato settecento tra alberi e piante: “Abbiamo piante azotofissatrici come ginestre e olivello spinoso, che migliorano il suolo; pioppi bianchi e neri per la produzione di funghi; salici delle specie viminalis, purpurea e alba per la biomassa; alberi da frutto e aceri per incrementare la biodiversità”. Così si sfata il mito dell’incompatibilità tra alberi e colture: “È un’integrazione che limita l’irraggiamento del suolo e, insieme ad altre pratiche come pacciamatura, compost e cippato, riduce l’uso d’acqua e restituisce al suolo più di quanto si preleva”.
Agosti ha appreso tutto questo “sul campo”: “Da giovane non ero attratto dai lavori agricoli, anche se amavo la natura e sono stato scout per 12 anni”, racconta. “Vivere a Borgonovo mi stava stretto, così a 20 anni, finiti gli studi, sono partito. Io e la mia compagna (Giada Girelli, conosciuta al Grest e ora mia moglie) abbiamo esplorato la Spagna e il Nord Europa, vivendo per sette anni in Inghilterra”. Qui Agosti ha lavorato nella ristorazione finché è entrato in una palestra di arrampicata situata in un castello, circondato da un parco con un orto comunitario: “Così mi sono avvicinato a questo mondo”.
Nel 2019, la coppia è tornata a Borgonovo. Giada ha trovato lavoro come consulente per una ONG inglese, mentre Agosti ha scelto la terra. Ha iniziato su un campo più piccolo e poi ha affittato quello attuale: “Gli inizi sono stati difficili. Non avevo preparazione, solo ciò che leggevo online. Inoltre, partendo si è idealisti, ma con il tempo si impara a bilanciare la sostenibilità economica e ambientale con le difficoltà fisiche di questo lavoro”. Non utilizza prodotti chimici e impiega solo una motofalciatrice. Gli insetti si gestiscono con la biodiversità – “il numero di coccinelle, preziose contro gli afidi, è cresciuto enormemente in tre anni” – e con mezzi come le reti protettive. “Il market garden è biointensivo, ma nel nostro caso ‘bio’ non si riferisce a una certificazione. Non l’ho richiesta e non la voglio: chiunque può venire a vedere come coltivo e fare domande”.
Due volte a settimana (martedì e sabato pomeriggio, esclusi i mesi freddi da gennaio ad aprile) è possibile fare la spesa direttamente qui, con i prodotti stagionali dell’orto. “Potrei andare a Piacenza a vendere, ma per me è importante il legame con la comunità. Voglio che le persone comprendano il lavoro che c’è dietro il cibo che portano in tavola”. L’azienda è anche presente sui social, sebbene meno attiva per motivi di tempo, e ospita corsi su erbe spontanee, funghi e altri argomenti. A fianco degli alberi, sembra che questo progetto abbia messo solide radici: ora Agosti ha anche un collaboratore, Javier, che lo supporta durante le vendite e nei mesi caldi. “Percepisco un buon riscontro – conclude Agosti –. Persiste qualche perplessità sulla presenza di tanti alberi, ma ricordiamoci che una volta la Pianura Padana era un patrimonio di biodiversità, e siamo stati noi a trasformarla in quella distesa piatta che è oggi”.
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