Storia postapocalittica nella metro di Mosca ispira un videogioco

E’ basato sul romanzo dello scrittore russo Dmitry Glukhovsky i superstiti di una guerra nucleare vivono, minacciati, sottoterra

Tra i tanti videogiochi di successo che nascono da un romanzo, “Metro 2033” è sicuramente un esempio da ricordare. Questo gioco, pubblicato per la prima volta nel 2010, è basato sull’omonimo romanzo dello scrittore russo Dmitry Glukhovsky. La storia è ambientata nella Mosca del 2033. In seguito a una guerra nucleare la superficie del pianeta è diventata invivibile.

I pochi superstiti della metropoli vivono sottoterra, nella metropolitana, costantemente minacciati da bande avversarie, mutanti e radiazioni. Nel romanzo si seguono le vicende di Artyom, un giovane che si trova costretto a compiere un lungo viaggio all’interno di questo claustrofobico mondo in rovina.

Il videogioco riprende buona parte della struttura del romanzo, pur inserendo una serie di modifiche legate al gameplay. In particolar modo, visto che ci si trova davanti a un FPS (cioé a uno sparatutto in prima persona), vengono inseriti un gran numero di scontri a fuoco, al fianco di alcune sezioni stealth (in cui si cerca di non farsi individuare dai nemici) che si avvicinano maggiormente a quel che fa il giovane Artyom nel romanzo, dove cerca di evitare i combattimenti. Un altro elemento che viene ripreso è la scarsità delle risorse. Nel romanzo questo è un tema centrale: sono dei beni preziosi non solo il cibo e l’acqua, ma anche i proiettili, che vengono utilizzati come moneta di scambio. Quest’ultima idea non avrebbe funzionato molto in un videogioco pieno di sparatorie, per cui è stata fat-ta una modifica, mettendo due categorie di proiettili (una di qualità inferiore, con cui combattere, l’altra di qualità superiore, che può essere comunque impiegata in battaglia ma che conviene conservare per gli scambi).

L’ambientazione descritta da Dmitry Glukhovsky viene ricreata con una notevole fedeltà, soprattutto per le sensazioni evocate. Il senso di oppressione delle gallerie buie e semidiroccate è palpabile. Le luci sono poche e fioche, seppur comunque più numerose di quelle descritte nel romanzo (anche qui, si tratta di ovvi compromessi legati al cambio di medium). La componente sonora aggiunge ulteriori modi per evocare mostri in agguato dietro ogni angolo e per solleticare la fantasia dei giocatori. È un’esperienza di grande solitudine, ancor più quando ci si trova a buttare uno sguardo nel mondo esterno, tra le macerie di Mosca.

Ma più di tutto questo, il legame più interessante tra romanzo e videogioco è quello che coinvolge la dimensione morale della storia. Senza fare eccessivi spoiler, il romanzo di Glukhovsky pone al lettore numerosi interrogativi sulle scelte di Artyom.

Giunti alla fine del libro, si resta con un grande interrogativo, chiedendosi se il protagonista abbia fatto bene a comportarsi in un certo modo, o se sia stato vittima di una grande incomprensione. Il videogioco sviluppa questo spunto proponendo un finale alternativo segreto. Compiendo determinate azioni nel corso del gioco è possibile aiutare Artyom a esplorare un differente punto di vista, mosso da una maggior fiducia nel prossimo, che può portarlo a prendere una decisione diversa, nel momento cruciale. Si tratta di un finale non canonico: i successivi libri e videogiochi non lo prendono in considerazione, ma è interessante ricordarlo. Le narrazioni aperte come questa permettono di esplorare strade alternative.

di Toniolo Francesco

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