E alla fine l’amore che prendi è uguale all’amore che dai.
Le luci del palcoscenico si accendono sul messaggio finale beatlesiano di “Abbey Road” (fatta eccezione per la traccia nascosta “Her Majesty”) e lì, c’è dentro tutto quello che è accaduto prima e sta per accadere nella storia, quella musicale e personale di tutti noi. Esiste un Paul McCartney per ogni situazione. Ce n’è uno per le sere romantiche e un altro per accarezzare il lutto e la solitudine. C’è un McCartney dalla genialità mozartiana 3.0 e uno da rock’n’roll di “CHOBA B CCCP”.
In palcoscenico a Manchester – questa sera salirà nuovamente su quello della 02 di Londra (per ora solo voci di corridoio su futuri show in Italia) – c’era il Paul McCartney che se ne è andato dai Beatles mentre era quello più “beatle” di tutti, una spruzzata di Wings e le hit soliste più amate. C’era l’altro lato del cielo, con gli omaggi a Lennon e al grande amore della sua vita, Linda. E il McCartney paterno e corale di “Hey Jude”.
Ma c’era anche un McCartney meno noto: quello impegnato contro la guerra, le mine antiuomo, l’inquinamento e l’eccessivo consumo di carne. Quello dei film e dei cartoni animati, dei libri e delle collaborazioni che non t’aspetti.
82 anni di McCartney non sono una bazzecola. E c’erano proprio tutti, una vita intera che McCartney ha condiviso, e condivide, con quella del mondo. Da “Can’t buy me love” a “Blackbird”, da “Coming up” a “Let it be”… e tutto il resto, ancora e ancora e ancora. Con sentimento, partecipazione, divertimento. «Cambiando qualcosa ogni sera», ci dirà nell’intervista che state per leggere.
Nel programma del tour, Paul scrive: «Se vedo un film e poi ci trovo una delle mie canzoni, penso: “Oh, dovrei farla”. A volte mi dà la spinta per rivedere quella canzone e pensare di suonarla. Potrebbe anche essere solo qualcuno che mi dice: “Oh, adoro quella tua canzone”, e tu dici: “Oh…”. La amano abbastanza da farmi pensare: “Sì, dovrei farla, solo per voi”. Alcune persone dicono: “Oh, adoro quella tal canzone”, e per me fa la differenza. E’ sempre successo. A proposito di alcuni album degli Wings, rifletto: “Beh, non è andato molto bene, quindi forse non era tanto buono”, poi scopro che dei ragazzi lo suonano dall’inizio alla fine dicendo: “Questo è un album fantastico!” e mi spingono a decidere di riproporlo dal vivo. La gente, per me, conta».
Paul, ho letto il suo programma. Posso aggregarmi e dirle che io ho sempre adorato le B side dei suoi 45 giri?
«Sin dai tempi dei Beatles, le B side non erano di serie B. Abbiamo sempre scelto – mi è accaduto anche da solista – abbinamenti che avessero un senso. Era bello ascoltare i 45 giri da entrambi i lati e cogliere l’assonanza o, al contrario, lo stacco, entrambi scelti dopo averci riflettuto parecchio».
Ci rifletteva con John? O anche con George e Ringo? Chi decideva, alla fine?
«Principalmente con John, le discussioni c’erano ma sempre costruttive. Ci siamo sempre confrontati, ma l’ultima parola l’aveva solitamente George Martin. O meglio, George riusciva sempre a farmi capire qual era la scelta migliore. Un po’ come Linda, negli Wings e in privato!».
Ha concluso un tour trionfale negli Usa. Come va “got back home” in Inghilterra?
«In America ogni concerto è stato una grande festa, ma è bello essere di nuovo a casa. Manchester è molto vicina a Liverpool ed è stato emozionante suonare lì. Ho rivisto vecchi amici e spero di vederne altri a Londra. Poi, finiti gli show, con mia moglie Nancy, i figli e i nipoti trascorreremo le vacanze di Natale».
Cosa deve aspettarsi il pubblico londinese?
«Il mio approccio a ogni spettacolo e a ogni pubblico è leggermente diverso a seconda del luogo in cui si tiene lo spettacolo, quindi suppongo che nelle varie serate cambierò un po’ di cose, decidendo all’ultimo minuto. Ho una band straordinaria, capace di seguirmi ovunque la porti».
In concerto lei propone anche “Now and Then”, in cui i Beatles si sono riuniti grazie alla tecnologia. Cosa pensa dell’IA?
«“Now And Then” suscita sempre emozioni profonde perché è una canzone di John. Poter cantare ancora insieme a lui è straordinario. Sono grato all’IA per questo e penso che la tecnologia possa ampliare le possibilità della musica, che resta un linguaggio dell’anima e della creatività umana».
Ucraina, Gaza… Paul: alla fine, l’amore che si prende è davvero uguale a quello che si dà?
«Sì ed è un messaggio ancora fortissimo. Va ribadito di fronte alle violenze».
IL BACKSTAGE DELL’INTERVISTA
Diciamolo subito. A meno che sia semplice curiosità, se vi siete soffermati su questa pagina probabilmente è perché condividete un sentimento: i Beatles sono stati una sorta di “seconda madre” nella vostra vita.
Sono le esatte parole che pronuncio, in tono scherzoso pur sapendo di dire la verità, a Paul McCartney quando arriva il mio turno di parlargli al telefono. Solo dopo, aggiungo il mio nome e cognome, «giornalista del quotidiano Libertà, Piacenza, Italy: una dei tanti a cui hai cambiato in meglio la vita». Grazie all’Associazione Stampa Estera, «sto vivendo una manciata di minuti che gireranno nel famoso film che passa in rassegna i migliori momenti vissuti prima di morire» (frase che so di pronunciare in un buon inglese perché la provo da giorni…).
Lui dice «thank you», e sicuramente non è la prima volta che se lo sente dire, ma sembra sincero e si mostra disponibile. Garbo che, da vero Sir, contraddistingue da sempre i suoi rapporti con la stampa.
Il cuore batte forte, da giorni frullano in mente i ricordi della mia adolescenza. Uno (lo vedete sopra) consiste in uno scatto fulmineo del 1988. Erano gli anni in cui Paul, lo si aspettava un po’ ovunque – e tanti fan, Generazione Z inclusa, lo fanno ancora: dalla casa londinese a Cavendish Avenue, a pochi passi dagli Emi Studios di Abbey Road, agli uffici della Mpl, affacciati sul giardino di Soho Square.
Anni fa, ho trascorso un’intera notte insonne prima di incontrarlo, con le gambe e la voce tremolanti, seduta al tavolino di un lussuoso hotel di Bruxelles, dove accettò di incontrarmi in occasione della presentazione della Campagna Meat Free Monday, nel 2009 al Parlamento Europeo. Ricordo anche la conferenza stampa milanese del lancio di “Wingspan: Hits and History” in una calda mattinata del 2001, con fan e (anche) giornalisti che, invece di fermarsi al rinfresco con tanto di risotto al midollo, rincorsero la sua Mercedes sino all’hotel in cui soggiornava con la fidanzata dell’epoca, Heather Mills, che sarebbe poi diventata la sua seconda moglie e, nonostante un matrimonio poco felice, madre della sua ultimogenita Beatrice (nome italiano ispirato a Dante, testimonianza di quanto Macca, da tutti considerato il Mozart della musica rock, sia colto e sensibile a tutta l’arte in generale).
Sì, riparlargli è stato davvero un gran bel regalo di Natale. La voce di Paul si è fatta più sottile, la mia tende sempre ad alzarsi a causa di un incidente al timpano destro.
Gli anni passano. I Beatles restano.
di Eleonora Bagarotti