Il 32enne Stefano Provini: “Pensavo di morire, il casco a ossigeno è terribile. Ma ho sconfitto il virus”
07 Aprile 2020 12:00
Ha visto il buio: “Pensavo di morire”. Ha sentito il rumore assordante del casco a ossigeno: “Dovevo restare sveglio per mantenere costante il ritmo respiratorio”. Ha temuto di dire addio per sempre alla sua famiglia: “Mia moglie incinta era a casa ad aspettarmi, nel panico più totale”. Ma Stefano Provini, 32 anni, ce l’ha fatta: il giovane fisioterapista di Farini ha sconfitto il Coronavirus. A fatica, certo: il ricovero in terapia intensiva è stato durissimo, ma il “mostro” non ha avuto la meglio. “Due settimane fa sono stato dimesso, e poche ore fa ho terminato la quarantena post-ospedaliera. Me la sono vista brutta, il peggio è passato”. Ora Stefano si sta riprendendo e vuole ringraziare gli infermieri che lo hanno assistito giorno e notte: “Ragazzi e ragazze giovani, che hanno dato il massimo anche nei momenti più difficili. Grazie a loro il clima era un po’ meno pesante”.
Provini ha contratto la forma più grave di infezione: una polmonite da Covid-19. “Un mese fa – racconta – ho avuto 38 di febbre per alcuni giorni. Il medico di base, quindi, mi ha prescritto l’antibiotico. Dopo una settimana, il termometro segnava poche linee. Ho esultato, pensavo che fosse finita”. Invece – a un certo punto – gli scalini per entrare in casa diventano una sfida impossibile: il fiato corto presto si trasforma in una sensazione di soffocamento. “Mi sentivo una fiamma nel petto, i polmoni erano infuocati. Ero ridotto come uno straccio, dormivo tutto il giorno e mangiavo poco. Avevo persino perso il gusto e l’olfatto”. Stefano chiama il pronto soccorso: l’ambulanza lo trasporta d’urgenza in ospedale. Una parte del copione purtroppo è già scritta: è l’ennesimo contagio da Coronavirus che dovrà lottare tra la vita e la morte. Nella sua storia, per fortuna, c’è il lieto fine: “Ho trascorso sei giorni in terapia intensiva a Piacenza e cinque giorni in medicina d’urgenza a Fiorenzuola. I valori di saturazione sono lentamente migliorati. E’ andata bene, per riprendersi dalla polmonite la ginnastica respiratoria è stata essenziale. Bisogna avere fiducia nella sanità, gli operatori compiono un grande lavoro”.
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