“Lontani dalla nostra bimba per un mese, che emozione riabbracciarla”
21 Febbraio 2021 12:00
Il suo viso, incorniciato da un cerchietto con le orecchie di Minnie, illumina il buio del Covid. Il 13 marzo, la piccola Roeia festeggerà il suo primo anno di vita. Più o meno dodici mesi dopo lo scoppio della pandemia. La sua storia, e quella dei suoi genitori Hassan Haddad e Zarha Touache, s’intreccia ai momenti più duri dell’emergenza sanitaria attraversata dal nostro territorio. “L’anno scorso, infatti, riabbracciai Roeia nel centro-quarantena di San Polo. Io ero lì in isolamento anti-Coronavirus – ricorda la mamma Zarha – la mia bimba invece si trovava nel reparto maternità dell’ospedale di Parma, tenuta nell’incubatrice dopo il parto prematuro. Eravamo separate da 29 giorni. Vederla entrare nella base dell’Aeronautica e poterla finalmente stringere al petto fu un momento meraviglioso”.
Nella testimonianza di questa famiglia – originaria del Marocco – c’è tutta l’essenza migliore dell’anno di Covid appena trascorso: la rivincita della vita sull’epidemia, la speranza oltre la malattia. “A febbraio, mentre ero incinta – racconta Zarha – la gravidanza ebbe qualche problema. I medici mi dissero che si trattava di una situazione rischiosa, perciò scelsero di ricoverarmi subito a Parma, poi a Modena e quindi di nuovo a Parma, sempre con Hassan al mio fianco. Proprio in quei giorni, però, il coronavirus stravolse le vite di tutti, compresa la nostra”. In quel caos improvviso, lo scorso 13 marzo, la bambina nacque: un parto prematuro, con alcune difficoltà. “Per fortuna, però, Roeia stava bene ed era attaccata all’incubatrice. Io invece, dopo pochi giorni in ospedale – continua la mamma – mi sentivo molto male, e non capivo perché. Fui trovata positiva al Covid, così i medici mi allontanarono subito dalla mia neonata per proteggerla dall’infezione. Non poterla più vedere, nei suoi primi attimi di vita, fu terribile”. Solo 29 giorni dopo, nel centro-quarantena di San Polo in attesa del doppio tampone negativo, la donna riuscì a riabbracciare la piccola: “Grazie al supporto degli operatori e dei volontari della Croce Rossa, potemmo trascorrere insieme gli ultimi giorni di incubo, in piena sicurezza”.
Oggi la bambina sta bene e la famiglia vive in un alloggio in città messo a disposizione dall’Asp. Hassan e Zarha ripensano a quei momenti, tanto emblematici della vita stravolta dalla pandemia: “Ma in fondo – dicono convinti – l’amore per nostra figlia è una forza invincibile”.
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