Ho visto il prossimo Studio Ghibli, si chiama Cartoon Saloon
E anche quest’anno l’Oscar per il Miglior Film d’Animazione è andato alla Pixar, per “Soul” (disponibile su Disney +), un buon film che per temi e contesto di astrazione parla agli adulti, alleggerito da personaggi spalla e momenti spassosi che lo rendono accessibile anche ai bambini. Ma siamo lontani dalla compattezza narrativa di “Up” e dalle idee folgoranti di “Inside Out”, solo per citare le altre vittorie recenti della compagnia firmate Pete Docter, e anni luce da quel capolavoro di sceneggiatura che è “Monsters and Co”. Ogni tanto riguardo qualche corto, per ricordarmi di cosa sono capaci questi giganti dell’animazione, e non mi stanco mai di un buon vecchio “Pennuti Spennati”, “L’agnello rimbalzello”, “Parzialmente nuvoloso”, ma anche tra quelli degli ultimi anni ci sono lavori memorabili, come “Lava”, “Piper”, “Lou”, “Bao”, “La tana” (anche questi tutti su Disney +). Viene da questa factory il regista della prossima produzione Pixar, il genovese Enrico Casarosa, candidato all’Oscar per il Miglior Corto d’Animazione nel 2018 per “La luna”, presentato in apertura prima di “Ribelle”: “Luca”, ambientato d’estate sulla riviera ligure, racconta la storia di due ragazzini, Luca e Alberto, che sono anche due mostri marini e che cercano di celare la loro identità. Spero di sbagliarmi, ma il trailer mi sembra tremendo, chissà se ai messicani “Coco” ha fatto lo stesso effetto. Se a questo aggiungo che non arriverà in sala ma direttamente su Disney + il 18 giugno, delusione si somma a delusione.
Questo ulteriore riconoscimento al colosso americano appare ulteriormente immeritato di fronte a un altro candidato, il notevolissimo “Wolfwalkers”, super premiata produzione irlandese acquistata dalla Apple e disponibile su Apple Tv.
Il film è un’opera d’arte dello studio Cartoon Saloon (ricordatevi questo nome, tra qualche anno sarà famoso come lo Studio Ghibli di Hayao Miyazaki), diretto da uno dei fondatori Tomm Moore, che è anche animatore e sceneggiatore. Moore ha realizzato altri due lungometraggi animati, “The secret of Kells”, ambientato in un’abbazia e incentrato su un magico manoscritto miniato (2009), “Song of the sea” (disponibile su Chili), che ha come protagonista una creatura mitologica, una selkie, in questo caso una bambina che può tramutarsi in una foca, (2014), entrambi candidati all’Oscar come Miglior Film d’Animazione nel 2010 (quando ha vinto “Up”) e nel 2015 (quando ha vinto “Big Hero 6”) e con “Wolfwalkers” conclude una sorta di trilogia ideale sui miti irlandesi.
Film che sembrano libri illustrati da sfogliare, dove forma e contenuto viaggiano insieme: ambientato in una Kilkenny del 17secolo, “Wolfwalkers” racconta una storia che celebra identità, libertà e rispetto del diverso attraverso due bambine, Mebh che vive nella foresta con sua madre e con i lupi, e Robyn che abita in città con suo padre, cacciatore inglese che lavora per il Lord Protettore della città, ispirato a Oliver Cromwell.
Niente CGI da queste parti, ma tavole disegnate a mano dove i disegnatori fanno volare i loro personaggi bidimensionali su sfondi raffinati composti con la precisione di un quadro. Ombre decise, colori forti, e una regia mossa e sorprendente che sottolinea le parti “action” attraverso soggettive e meravigliosi split screen.
Un storia di scontro sociale, inglesi contro irlandesi, regole contro libertà, la città blindata, grigia e spigolosa contro la foresta morbida, colorata e abitata da lupi e creature magiche metà umane e metà, uomini contro animali, tutto composto con cura e attenzione per raccontare la possibilità del cambiamento, di sguardo, di spazio, di forma, di formato.
Un artigianato di altissimo livello, come quello de “La bottega dei suicidi” di Patrice Leconte, di “Appuntamento a Belleville” di Sylvain Chomet, de “La grande invasione degli orsi in Sicilia” di Lorenzo Mattotti, di “Dilili a Parigi” di Michel Ocelot, tutti film che ho visto al cinema con un figlio o due, a seconda dell’età. E questo è un lavoro così visionario e potente che non so cosa darei per avere la possibilità di vederlo su un grande schermo con i miei figli, con i figli di tutti, a ululare alla luna.
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