CRV – Ciambetti: “Dal Venezia e dal Cittadella la ricetta per salvare il calcio malato e indebitato”
28 Maggio 2021 17:41
“Complimenti al Venezia, ma anche il Cittadella merita più di una menzione: queste due società hanno imposto un modello vincente basato non sulle spese folli, ma su bilanci assennati, su giocatori acquistati con acume e non sulla base della loro notorietà al grande pubblico ma su evidenti doti tecniche e umane”. Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale del Veneto commenta così l’esito del “derby veneto per la massima serie che ha visto prevalere il Venezia, ma dal quale il Cittadella non esce sconfitto. Entrambe le squadre all’inizio del campionato secondo gli esperti non erano che degli outsiders, anzi da alcuni venivano date tra le protagoniste della lotta salvezza. Gli esperti sono stati sconfitti, sconfitti al pari di squadre che avevano budget stellari rispetto alle due venete. Prendiamo il Monza: l’ultima assemblea di bilancio della società, secondo quanto riferito dalla stampa una decina di giorni fa, ha chiuso il bilancio 2020 con una perdita di 26,76 milioni di disavanzo. La Spal vanta un monte ingaggi di 22 milioni, il Lecce 13 milioni. Per capirci, il Cittadella, che ha conteso la serie A al Venezia, ha un tetto ingaggi più basso di tutta la serie cadetta: 3 milioni e 245 mila €. Il Venezia segna 8 milioni: sommati assieme non raggiungono gli ingaggi del Lecce e sono la metà esatta degli ingaggi della Spal. Se a Cittadella e Venezia aggiungiamo i 6 milioni e 200 mila Euro del Lanerossi Vicenza di Renzo Rosso, le tre società venete non raggiungono il tetto ingaggi del Monza. Non bastano i soldi per emergere. Dalla finale tra Cittadella e Venezia arriva un segnale importante per tutto il calcio italiano: ridimensionare le spese è una necessità e non è detto che sia un male per lo spettacolo. Di certo non lo è per la classifica e, probabilmente per lo sport se i pochi soldi a disposizione vengono investiti nei giovani e nel vivaio locale. Società sane nei conti, negli obiettivi e nelle strategie di gestione dello spogliatoio e dei rapporti con i tifosi e con la realtà locale, sono quello che servono a un calcio malato, un gigante dai piedi di argilla che galleggia a fatica su un mare di debiti”.
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