CRV – Presentato a palazzo Ferro Fini il docufilm ‘Io sono Cimbro, io parlo Cimbro’
13 Luglio 2021 15:30
È stato presentato questa mattina a Venezia, presso palazzo Ferro Fini – sede del Consiglio regionale del Veneto – dal Presidente dell’Assemblea legislativa Roberto Ciambetti e dal Consigliere regionale Stefano Valdegamberi del gruppo misto, il docufilm ‘Io sono Cimbro, io parlo Cimbro’, ideato e diretto da Mauro Vittorio Quattrina.
“Pochi anni or sono – ha ricordato il Presidente Ciambetti – papa Benedetto XVI, sottolineando l’importanza dell’uso della lingua madre nella preghiera, nella pastorale e nel rapporto tra Chiesa e fedele, mise in risalto il valore della tradizione Cimbra sul piano linguistico e storico, come ponte di solidarietà, amicizia e pace tra Veneto e Baviera: egli insistette affermando che senza tradizione non c’è progresso, tradizione sentita e condivisa da una comunità in un’esperienza di dialogo e fraternità toccando temi come le radici cristiane dell’Europa e la Grande Guerra che aveva colpito così duramente l’Altopiano e ferito in maniera determinante la cultura cimbra, da allora relegata a pochissime isole: Luserna in Trentino, Roana nell’Altipiano dei Sette Comuni, Giazza nella Lessinia. La riflessione di papa Ratzinger, uomo di grandissima cultura, grande teologo oltre che pontefice di estrema autorevolezza, ci pone davanti al tema del valore di una tradizione culturale di frontiera e della lingua locale vissuta come collante ideale tra realtà che hanno sviluppato poi proprie precise identità, senza tuttavia perdere le antiche radici”.
“Il cimbro non è un reperto archeologico – ha aggiunto il Presidente Ciambetti – è una testimonianza vivente e, come suggerisce papa Ratzinger, un esempio su cui meditare. È un tema formidabile nell’Europa dove il 37,5 % della popolazione dell’Unione vive in zone di confine: il cimbro, oggi parlato da un’esigua minoranza, è una testimonianza di una ‘contro-storia’ popolare, una storia fatta da gente semplice, uomini e donne di confine, agricoltori di montagna, sopravvissuti a guerre e pandemie, una ‘contro-storia’ che ci dice come la vera Europa che in tanti portiamo nel cuore non è quella di banche e banchieri, di governi e governanti, di teste coronate e di élite oligarchiche, ma di persone, di affetti e sentimenti, di paure e dolore, di fede e speranze. È l’Europa delle genti, di regioni e popoli, ciascuno con la sua lingua, le sue tradizioni e la sua cultura che danno vita a un magico quanto armonioso mosaico di rara bellezza e di straordinaria forza”.
“Il docufilm presentato oggi – ha sottolineato il Consigliere Valdegamberi, cultore della storia e della lingua dei Cimbri – raccoglie un dialogo tra Cimbri, gli ultimi parlanti rimasti sulle montagne del veronese, in particolare a Giazza, che assume per questo motivo un grande valore di testimonianza storica che, grazie al regista Quattrina, rappresenta al meglio una cultura, che ha caratterizzato per centinaia d’anni il mondo prealpino non solo veronese, ma anche vicentino e trentino, e la sua lingua – un’antica parlata bavarese – utilizzata da persone giunte in questi luoghi nel medioevo. Il docufilm racconta anche gli avvenimenti, la storia, la vita quotidiana di queste genti, un patrimonio culturale che non deve essere disperso perché si tratta di un patrimonio non solo veneto, ma dell’Italia e del mondo”.
“Il documentario che abbiamo realizzato sugli ultimi Cimbri che parlano questa lingua straordinaria – ha dichiarato il regista dell’opera, Quattrina – è stato un tuffo nel passato: è come parlare di sapori buoni dei tempi antichi, di profumi persi, perché c’è una cultura immensa, alle spalle della lingua Cimbra, una cultura che tra l’altro si sviluppa in luoghi straordinari. Abbiamo cercato di tenere questo documentario aderente alla lingua Cimbra perché diventi un ricordo, quasi un testamento, dell’epoca che fu”.
“La nostra è una terra particolare – ha osservato Vito Massalongo, presidente del Curatorium Cimbricum Veronese, un’associazione storica nata nel 1974, che ha partecipato alla presentazione – ricca di toponimi e di termini particolari del tedesco del 1200 parlato in Lessinia da una popolazione giunta da di là delle alpi, che noi chiamiamo Cimbri, anche se la dizione è in parte impropria, il cui insediamento fu favorito dagli Scaligeri, testimoniato da un atto realizzato a Roverè Veronese il 5 febbraio 1287 che coinvolse i rappresentanti di questo gruppo di bavaresi e tirolesi, i quali ebbero così la possibilità di insediarsi e di introdurre nuove colture, in particolare l’allevamento della pecora brogna e la produzione della lana. Dall’introduzione di queste popolazioni tedesche, circa 70 famiglie, nacque la colonizzazione dei Cimbri, in una zona di montagna particolare, una montagna vissuta e intesa come segno di libertà”.
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