Sandro Colombi (Uilpa). È tempo di far ripartire i processi di mobilità orizzontale e verticale
05 Agosto 2021 13:58
La trattativa all’ARAN sui rinnovi contrattuali del settore pubblico è ormai entrata nel vivo. Una delle questioni più complesse da affrontare è quella della riforma dell’ordinamento professionale. Tuttavia, leggendo alcuni commenti apparsi di recente si ha l’impressione che non tutti abbiano compreso la portata dell’operazione e la necessità di evitare giudizi tranchant prima che siano definite le soluzioni ai tantissimi problemi ancora sul tappeto.
Alcuni di questi commenti si avventurano in una discutibile lettura del nuovo ordinamento professionale delle Funzioni Centrali sulla base di una “bozza” filtrata dal tavolo del CCNL. Non è mai un buon esercizio commentare i documenti provvisori mentre sono ancora in fase di elaborazione e di discussione. Il rischio è quello di trarre delle conclusioni affrettate. In questa fase della trattativa l’unica cosa da dire è che la riforma dell’ordinamento professionale deve essere scritta in modo tale da rimettere in moto i processi di mobilità orizzontale e verticale dei dipendenti pubblici, ponendo fine a un’assurda rigidità che dura da quasi un quarto di secolo e che non trova riscontro in nessun settore del mondo del lavoro privato.
Le aree professionali costruite alla fine degli anni ’90 si sono rivelate delle gabbie all’interno delle quali sono state sigillate le professionalità dei lavoratori di un comparto che, nel frattempo, ha visto diminuire drasticamente il numero dei propri dipendenti. Nelle Funzioni Centrali non ci sono mai state promozioni di massa in automatico da un’area inferiore a quella superiore, semplicemente perché le norme lo rendevano, (e tutt’ora lo rendono) impossibile, malgrado il leggero ammorbidimento introdotto dalla riforma Madia. In compenso, sono cambiate radicalmente le condizioni di svolgimento del lavoro nelle amministrazioni.
Rispetto a 25 anni fa, nei Ministeri, nelle Agenzie, negli Enti Pubblici non economici o negli Enti ex art. 70 ci sono sempre meno persone in servizio, ovviamente sempre più anziane, costrette tuttavia a svolgere mansioni sempre più complesse e articolate, dove i confini fra un livello di competenza e l’altro sono sempre più sfumati, anzi in molti casi svaniscono del tutto. Certo, il fenomeno non riguarda solo la Pubblica Amministrazione. Ma sarebbe ora che tutti cominciassero a rendersi conto che nel settore pubblico l’organizzazione del lavoro è cambiata in modo profondo e irreversibile (anche come conseguenza dell’ingresso delle nuove tecnologie). E questo è il punto centrale della discussione sulla riforma dell’ordinamento professionale.
La richiesta di maggiore flessibilità professionale, la necessità di possedere un ventaglio di capacità e di attitudini più ampio che in passato, la disponibilità dei dipendenti a mettersi in gioco anche oltre (e spesso molto oltre) lo stretto confine della “mansione” assegnata al proprio profilo di appartenenza oggi deve trovare un riconoscimento nel nuovo assetto ordinamentale. Un riconoscimento da esprimere contrattualmente in un sistema più fluido di mobilità professionale che presuppone un corrispondente ritorno economico.
A meno che qualcuno non voglia convincerci che lavorare di più e lavorare meglio nella Pubblica Amministrazione lanciata verso le grandi sfide legate all’attuazione del PNRR significhi rassegnarsi a restare al palo delle progressioni economiche. O, al massimo, accontentarsi di incassare uno scattino di posizione retributiva ogni tot anni rigorosamente a spese dei fondi per la contrattazione decentrata, come avviene regolarmente da due decenni. Col geniale effetto di prosciugare i fondi togliendo soldi dalle tasche di tutti (parliamo delle risorse destinate a premiare il merito e la produttività) per permettere a pochi di ottenere quel minimo avanzamento di carriera che in un mondo normale andrebbe attribuito di default a spese del datore di lavoro. Prendiamo atto che nel 2021 c’è ancora qualcuno nel mondo Pubblica Amministrazione e nei suoi immediati dintorni che ha nostalgia di questo meccanismo perverso. Noi francamente no. E faremo di tutto per cambiarlo.
Sandro Colombi, Segretario generale Uil Pubblica Amministrazione
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