COP26, arriva un accordo tra 126 nazioni contro la deforestazione
03 Novembre 2021 06:00
In breve:
- 126 nazioni hanno firmato un accordo per bloccare la deforestazione sul pianeta entro il 2030
- Oltre 100 paesi hanno ribadito anche l’impegno per tagliare il consumo di gas naturale nei prossimi nove anni
- Un gruppo di fondi e miliardari ha deciso di mettere sul piatto circa 10 miliardi di dollari per finanziare la transizione nei Paesi in via di sviluppo
La seconda giornata di Cop26 ha portato con sé un timido raggio di ottimismo riguardo il risultato finale. Centinaia di nazioni si sono accordate nuovamente per combattere la deforestazione e sul taglio del consumo del gas naturale, mentre il Vietnam ha spiazzato tutti allineando i propri obiettivi di neutralità climatica con quelli dei Paesi occidentali. Ecco i punti salienti del martedì 2 novembre della Conferenza.
Un nuovo accordo sulla deforestazione
La grande notizia della seconda giornata di Cop26 è l’intesa raggiunta dalle nazioni partecipanti sul tema della deforestazione. Il comunicato sul sito ufficiale della Conferenza parla di ben 126 Paesi impegnati per fermare e invertire la deforestazione e la perdita di terreno coltivabile entro il 2030. L’accordo menziona circa 19,2 miliardi di dollari di fondi da investire proprio in questo campo, in un misto tra risorse pubbliche e private. Il precedente accordo sulla deforestazione risale al 2014, e non andò particolarmente bene. In questo caso all’impegno si accompagneranno ingenti capitali, che potrebbero contribuire alla riuscita del progetto.
Un accordo sul taglio del metano
Oltre 100 Paesi nel mondo sono d’accordo: bisogna limitare le emissioni di metano nell’atmosfera. Nella giornata di ieri hanno annunciato un rinnovato impegno il presidente americano Joe Biden e la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen. Il nome sotto cui questo impegno è stato racchiuso è “Global Methane Pledge”, in italiano “Impegno globale sul metano”. I principali Paesi del mondo, anche se in realtà com’è detto la proposta è stata sottoscritta da circa un centinaio, hanno annunciato di voler tagliare il consumo di metano del 30% entro il 2030, in modo tale da contenere l’aumento della temperatura media del pianeta di circa 0,2 gradi centigradi.
I miliardari aprono il portafogli
La sfida pare invalicabile così scendono in campo anche i capitali privati. Durante la Cop26 un gruppo di miliardari e fondi di investimento ha annunciato di voler mettere a disposizione circa 10 miliardi di dollari per accelerare la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo. Una proposta che può anche essere letta come – inutile nasconderlo – l’interesse ad investire nelle economie in rapida espansione sul fronte della sostenibilità. La lista dei promotori è piuttosto lunga e colma di volti noti: si passa dalla Rockfeller foundation a Power Africa, passando per Ikea, Usaid, la Banca europea degli investimenti e il “Bezos earth fund”, che poi sarebbe uno dei fondi legati al secondo uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos. Al fondo di “mister Amazon” partecipa anche il governo italiano, che ha deciso di versare una quota di 10 milioni di dollari per sostenere, sebbene marginalmente, il progetto. Il fondo spera di poter passare presto da 10 a 100 miliardi di dollari di dotazione.
Il Vietnam sorprende e punta al 2050
Il Vietnam ha sorpreso tutti, annunciando già per il 2050 (come Stati uniti ed Unione europea) il raggiungimento della neutralità climatica. Il primo ministro Nguyen Hong Dien ha annunciato che il suo Paese raddoppierà entro il 2030 la capacità di produzione di energia elettrica dal vento e dal sole. Una sorpresa perché il Vietnam rientra in quella categorie di nazioni cui economia è in rapida espansione e, teoricamente, non avrebbe interesse ad accelerare la transizione energetica (che è onerosa e può nel breve termine azzoppare la crescita).
Nucleare, why not?
Nella giornata di ieri è intervenuto a Glasgow anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. All’interno della sua dichiarazione una apertura al nucleare che è bene riportare e sottolineare: “Sull’energia nucleare dico di aspettare la tassonomia Europea delle fonti verdi, quelle che non producono CO2 che sta per uscire”. Questa frase, tradotta, significa che se l’Unione europea considererà all’interno della propria classificazione anche il nucleare come risorsa energetica sostenibile, allora l’Italia non esclude di poterci puntare in futuro. “Io non fermerei lo studio di queste nuove fonti”, con riferimento ai mini-reattori nucleari. La notizia è, insomma, che se l’Unione europea prenderà in considerazione la fissione nucleare, Roma potrebbe rispolverare un programma energetico atomico chiuso sin dagli anni ’80.
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