Il mondo si affida al “vecchio” carbone per affrontare la crisi energetica
21 Dicembre 2021 06:00
Nel 2021 è record nel consumo del carbone per la produzione di energia elettrica. La scorsa settimana l’Italia ha riacceso due centrali per affrontare la crisi mentre la Polonia beneficia di tariffe più basse proprio grazie a questa fonte di energia
La crisi energetica sta segnando l’Europa. Fino a ieri il tema principale era la transizione verso fonti di energia pulita, oggi la questione è riuscire ad assicurare la fornitura ad aziende e famiglie costi quel che costi. Anche puntando di nuovo sul vecchio carbone che, nonostante sia estremamente inquinante, ha un grande pregio: costa poco ed assicura una elevata quantità di energia.
Nel 2021 un aumento di quasi un decimo
L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che nel 2021 la produzione di energia elettrica derivante da centrali a carbone aumenterà del 9% rispetto al 2020. Con questo salto, la produzione toccherà il record storico di 10.350 TeraWattora. Bisogna però stare attenti. Se da una parte è vero che la quantità di energia a carbone non è mai stata così elevata, il suo apporto al mix energetico complessivo è circa il 5% sotto i livelli del 2007. Questo perché la produzione di energia nel mondo è aumentata e questa salita del carbone risulta essere meno “eccessiva” in termini relativi. A spingere su questo fronte sono principalmente la Cina (con il suo +9%) e l’India (+12%), che per soddisfare il fabbisogno di energia della propria economia in forte crescita non riescono ancora ad appoggiarsi interamente alle fonti rinnovabili.
L’Italia ha riacceso due centrali a carbone
La scorsa settimana l’Italia ha riacceso due centrali a carbone, quella di La Spezia e quella di Monfalcone. La richiesta è giunta da Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale e ne cura il corretto funzionamento. La motivazione è chiara: assicurare il funzionamento della rete incrementando l’offerta di energia elettrica da una fonte “affidabile” e indipendente dalle condizioni atmosferiche come il carbone. Una necessità in questa fase di grave crisi energetica, specialmente dopo lo stop a diverse centrali nucleari francesi, costrette allo stop per manutenzione.
Il carbone “protegge” la Polonia dalla crisi
Estremamente inquinante e con tecnologie oggi ritenute obsolete, le centrali a carbone si stanno rivelando una della vie di uscita dell’Europa dalla crisi energetica. Perlomeno per chi le ha ancora. Il caso emblematico è quello della Polonia che ancora al giorno d’oggi si affida alla combustione del carbone per soddisfare circa l’80% del fabbisogno complessivo di corrente elettrica del Paese. Uno dei vantaggi delle centrali a carbone è il basso costo di produzione dell’energia, inferiore a quello di tutte le altre fonti principali. La capacità produttiva polacca, inoltre, basta a soddisfare la cosiddetta “baseload” (ovvero il carico minimo di domanda di energia da parte di famiglie e imprese durante la giornata). Ciò significa che i produttori battono all’asta forniture di energia elettrica a prezzi decisamente inferiori (nella maggior parte dei casi) rispetto alla media degli altri Paesi europei che fanno invece largo affidamento sul gas naturale, oggi ai massimi storici.
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