CRV – Gruppo Pd Veneto: “Regione deve cambiare il modello organizzativo della salute mentale”
29 Marzo 2022 16:58
La consigliera regionale del Partito democratico, Anna Maria Bigon, vicepresidente della commissione Sanità e Sociale, in rappresentanza del Gruppo Pd Veneto, nel corso di una conferenza stampa, oggi a palazzo Ferro Fini, è tornata a “denunciare la grave carenza di risorse, di personale sanitario e dì servizi adeguati nel settore della salute mentale”. La consigliera ha chiesto alla Regione del Veneto “di cambiare il proprio modello organizzativo, che non dovrà più essere basato sulla psichiatria della lungodegenza, istituzionalizzata, bensì sulla presa in carico immediata del paziente affinché esso venga prontamente avviato a un percorso di cura e riabilitazione, con l’obiettivo della guarigione. Va rilanciato il modello di ‘psichiatria di comunità’, peraltro indicato nel Piano Socio Sanitario regionale 2019/2023, ma di fatto disatteso. Una psichiatria di comunità che dovrà essere centrata sul territorio e sulla salute fisica, psicologica e mentale di tutti i cittadini. Denunciamo ancora una volta come la riorganizzazione delle Aziende ULSS abbia comportato una riduzione delle strutture territoriali: per i servizi della salute mentale si è passati da 21 Dipartimenti a 9 e da 29 Unità Operative complessive a 20. Questo assume una gravità ancora maggiore se pensiamo come la pandemia abbia peggiorato il disagio mentale: un’indagine dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sul Covid ha evidenziato come un giovane su due, tra i 18 e i 29 anni, sia soggetto a depressione e ansia. Oggi abbiamo portato dati concreti a supporto delle nostre richieste”. “Servono maggiori investimenti, innanzitutto per implementare gli organici dei professionisti, oggi assolutamente carenti – ha aggiunto la vicepresidente della commissione consiliare Sanità – Inoltre, la Regione deve offrire più servizi al territorio, e di maggiore qualità, riportando al centro i bisogni delle famiglie, che hanno la necessità di essere seguite. Il problema fondamentale è che la Regione del Veneto non garantisce la salute mentale e deve quindi smettere di rivendicare il pieno rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza, perché ciò non corrisponde al vero”. “Chiediamo di riportare al centro la salute mentale – ha concluso Anna Maria Bigon – che ricordo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito ‘uno stato di benessere in cui ogni individuo realizza il proprio potenziale, è in grado di far fronte agli eventi stressanti della vita, di lavorare in modo produttivo e quindi di fornire un contributo alla comunità’. Sempre secondo l’OMS, ‘il disagio mentale rappresenta una questione centrale per i sistemi sanitari e socio- sanitari’ Chiediamo alla Regione di tradurre tutto questo in fatti concreti”.
Il dott. Andrea Angelozzi, psichiatra, già Direttore del Dipartimento di Salute Mentale a Treviso e Venezia, ha illustrato alcuni dati elaborati, che fotografano la situazione della salute mentale in Veneto. “Dati molto preoccupanti – ha evidenziato Angelozzi – che sono stati richiesti e quindi forniti dalla Regione del Veneto e dalla cui elaborazione si evince una assoluta povertà di risorse rispetto alla media nazionale, che poi si traduce nei fatti anche in una povertà di prestazioni. Ci sono, altresì, profonde differenze tra le singole realtà locali: sembra che in Veneto ci siano infinite Psichiatrie e infiniti modelli organizzativi. Pertanto, è lecito domandarsi se veramente la Regione abbia un modello comune di prestazioni da garantire ai cittadini che ne hanno bisogno”. Angelozzi ha sottolineato in particolare “l’incoerenza dei dati forniti sulla situazione del personale, la cui dotazione complessiva è nettamente inferiore alla media nazionale. Complessivamente, per raggiungere i tassi nazionali 2019, che indicavano una spesa del 3 percento del Fondo Sanitario Nazionale, quindi ben lontano dal 5 percento indicato da documenti nazionali e regionali come corretto standard di riferimento, e ricordando che il Veneto era al 2,24 percento del FSR, mancherebbero al personale del Veneto 2020, rispetto alla media nazionale: 122 medici; 98 psicologi; 28 assistenti sociali; 18 educatori; 18 amministrativi. Al contrario, è maggiore rispetto alla media nazionale la dotazione degli infermieri (più 36) e molto superiore quella del personale Ota/OSS (più 251). Anche l’analisi delle prestazioni evidenzia un’importante difformità da Ulss a Ulss, con aspetti spesso correlabili alla entità e alla tipologia del personale”. “E sottolineo un altro aspetto che emerge dallo studio dei dati forniti – ha concluso il dott. Andrea Angelozzi – In Veneto c’è un tasso del 23,5 percento di posti letto in più rispetto alla media del resto d’Italia nell’ambito pubblico, mentre questo tasso è ben 10 volte superiore (più 981,1 percento) nel caso dei posti letto nelle strutture private”.
Cristina Ceriani, referente del Comitato salute mentale di Verona, ha portato all’attenzione “le gravi difficoltà che si trovano ad affrontare le famiglie che hanno in carico un paziente affetto da disturbi mentali. Voglio dare voce a tutte quelle persone che sono invisibili ma che pretendono di avere risposte adeguate rispetto ai loro urgenti bisogni assistenziali. Perché di salute mentale si parla troppo poco in Veneto. Non possiamo permetterci di lasciare sole le famiglie che si trovano ad affrontare problematiche più grandi di loro. E denunciamo a gran voce la carenza di servizi e di personale nei territori, che peraltro causano la congestione dei Pronto soccorsi”.
Tiberio Monari, Coordinatore Regionale Osservatorio della Salute Mentale FP CGIL Medici e Dirigenti SSN, ha chiesto di “riportare al centro i bisogni dell’utente per costruire un adeguato percorso di cura. Va progettato un Tavolo di lavoro interprofessionale, partendo appunto dai bisogni dei pazienti e dei loro familiari, per realizzare adeguati percorsi di cura per ogni forma di patologia psichiatrica, garantendo risorse professionali adeguate alle necessità. Già prima della pandemia i dati forniti indicavano come si riusciva a rispondere solo alla metà dei fabbisogni assistenziali. E, negli ultimi anni, la situazione è peggiorata. Rischia di venire così meno il diritto costituzionale alla salute e a ricevere cure adeguate. Perché è importante non solo la quantità dei servizi garantiti, ma soprattutto la qualità degli stessi. Sarebbe necessario prevedere un Dipartimento ogni 250mila persone, invece di uno ogni milione”.
Salvatore Lihard, componente CoVeSaP, ha ricordato come “a fine gennaio 2022, con la consigliera Bigon, abbiamo presentato due separate richieste di accesso ai dati relativi alla Salute Mentale, riguardanti il personale, l’utenza, le prestazioni territoriali e i ricoveri. Rispetto ai dati richiesti, relativi agli anni 2019, 2020 e 2021, la Regione ha fornito solo quelli del 2019 e 2020, peraltro in modo parziale. A ogni modo, dallo studio di questi dati emerge chiaramente come in Veneto ci sia una grave penuria di risorse e di personale. Abbiamo più volte chiesto di essere auditi in Quinta commissione consiliare, competente in materia di Sanità e Sociale, ma inutilmente. A nostro avviso, sono quattro gli aspetti rispetto ai quali il Veneto è assolutamente carente: risorse finanziarie; organici dei professionisti sanitari; progettualità (serve una nuova visione della salute mentale perché mancano risorse e programmi adeguati a far fronte ai disagi psichici); informazione e comunicazione con la Regione del Veneto (come dimostrato dai dati disomogenei e confusi forniti). Per questo, sabato 9 aprile saremo a Padova per difendere la sanità pubblica e non lasciare sole le persone di fronte ai loro bisogni di salute”.
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