Sono 37 i termovalorizzatori attivi in Italia. “Ma ne servirebbero almeno altri 30”

24 Aprile 2022 14:00

In Italia ci sono 37 termovalorizzatori, in prevalenza al nord. In Francia sono 126, in Germania 96, secondo una mappa di Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua, energia e ambiente) elaborata su dati Ispra.
Nel 2019, come riporta il “Libro bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani”, al loro interno sono state trattate 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali, producendo 4,6 milioni di Mwh di energia elettrica e 2,2 milioni di Mwh di energia termica.
Tale energia (rinnovabile al 51%) è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie. A Brescia l’impianto di A2A attivo dal 1998 fornisce teleriscaldamento a più del 50% delle abitazioni ed il gradimento degli abitanti sale: quello complessivo è salito al 64% e il 91% dei bresciani lo ritiene un impianto “sempre più efficiente” e per l’85% è “all’avanguardia” e “sicuro”.
Secondo Utilitalia, la preoccupazione relativa alle emissioni di polveri sottili sarebbe sfatata, in quanto la discarica ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico negli inceneritori. “Ci sono, infatti, limiti molto stringenti – dice la federazione – che non hanno eguali nel panorama delle istallazioni industriali: relativamente alle Pm10, lo studio evidenzia che il contributo degli inceneritori è pari solo allo 0,03% (contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali), per gli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) è pari allo 0,007% (contro il 78,1% delle combustioni residenziali e commerciali) e per le diossine ed i furani si attesta allo 0,2% (contro il 37,5% delle combustioni residenziali e commerciali). L’85% delle ceneri pesanti prodotte dalla combustione, inoltre, è ormai interamente avviato a processi di riciclaggio, con ulteriori miglioramenti degli impatti ambientali rispetto all’utilizzo delle materie vergini in attività quali la produzione di cemento e la realizzazione di sottofondi stradali”. All’Italia, stando a Utilitalia, mancano impianti per trattare 5,7 milioni di tonnellate di spazzatura all’anno: al Centro e al Sud c’è “una carenza impiantistica e se non si inverte questa tendenza, continueremo a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica: attualmente ci attestiamo al 20% e dobbiamo dimezzare il dato nei prossimi 13 anni”, rileva la Federazione, ricordando che l’Ue ha fissato al 2035 gli obiettivi del riciclaggio effettivo pari al 65% e della riduzione del ricorso alla discarica al di sotto del 10%. Per raggiungere tali quote all’Italia servono oltre 30 impianti per il trattamento dei rifiuti fra termovalorizzatori (per bruciare la spazzatura non riciclabile e produrre energia) e impianti di compostaggio (per trasformare i rifiuti organici in fertilizzante compost).
IL TERMOVALORIZZATORE A ROMA
Proprio nei giorni scorsi, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha annunciato il progetto di un termovalorizzatore a controllo pubblico nella Capitale. Intervistato dal Sole 24 Ore, parla di “svolta storica per la città e anche per il Paese”. Con gli impianti del nuovo piano per chiudere il ciclo di rifiuti, a partire dal termovalorizzatore, “ridurremo del 90% l’attuale fabbisogno di discariche e arriveremo ad una chiusura pressoché totale del ciclo sul territorio”, assicura Gualtieri.
In questo modo sarà possibile ridurre “del 45% le emissioni, producendo l’energia consumata ogni anno da 150.000 famiglie”. Con le risorse recuperate sarà possibile “potenziare la raccolta e ridurre la tariffa per i romani e per le imprese”, annuncia il sindaco.
Il piano di rifiuti della Regione Lazio non prevede però nuovi termovalorizzatori. Ma l’ex ministro dell’Economia si dice pronto a “ricorrere alle procedure, anche straordinarie, per garantire rapidità, certezza ed efficienza, superando il vincolo posto dal piano regionale”. Vincolo che, sostiene Gualtieri, è “dettato dagli errori della precedente amministrazione capitolina che ha trasmesso alla Regione dati non reali che, quindi, hanno condizionato l’analisi”. Risolvere il tema degli impianti “è una condizione fondamentale” per dare una risposta al problema della pulizia della capitale. “Investiremo sul ritorno allo spazzamento capillare delle strade e dei marciapiedi e sull’utilizzo delle tecnologie più avanzate per favorire la raccolta differenziata”, conclude.

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