Con Servillo a Veleia, “Il fuoco sapiente” dei greci svergogna le nostre coscienze
16 Luglio 2022 17:11
Un bello schiaffo, la prima volta di Toni Servillo a Veleia. Una prima nazionale assoluta in cui ha dato voce, ritmo, corpo ed espressione seria e potente ad un nuovo testo del pluripremiato scrittore, romanziere, giornalista e filosofo napoletano Giuseppe Montesano, divenuto ormai in questi ultimi anni il suo drammaturgo di fiducia.
“Il fuoco sapiente”, premiato da applausi fragorosi e un altro tutto esaurito per il Festival di Teatro Antico di Paola Pedrazzini, è quello che animava i greci e che noi abbiamo perduto. “Ma come abbiamo fatto?”. Citando “Il sonno dei prigionieri” di Platone, “oggi le catene non servono più, perché le catene siamo noi stessi. Oggi la caverna buia è ovunque, una velenosa rete invisibile. Sacrifichiamo l’anima e il pensiero al totem elettronico che ci deruba della nostra vita. Vivono per noi le nostre memorie esterne, gli avatar digitali, vivono della nostra morte”.
Immaginazione attiva, verità, teatro. Il senso stesso di andare a teatro, svuotato, smarrito. Con parole e concetti non banali, intervallato da dolenti e oblique versioni di grandi brani jazz a partire da “Summertime”, Servillo ci rimette davanti alla grandezza dei greci, quella “civiltà che pretendiamo di chiamare nostra. Ma il loro era un sentire, non solo un modo di pensare, di cui oggi siamo indegni”. I nostri simposi? “Cimiteri di pensiero, sbandieriamo io-me-mio sugli smartphone, i weekend di massa per farci invidiare”.
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