Agricoltura, rifiuti e perdite: in Italia allarme per le emissioni di metano

25 Luglio 2022 14:00

Non basta abbattere le emissioni di anidride carbonica per limitare il riscaldamento globale, la cui accelerazione negli ultimi mesi sta destando stupore e allarme tra gli scienziati.
È necessario concentrarsi anche sul metano, che rappresenta circa il 20% delle emissioni globali. E l’Italia, in questo campo, non sta facendo abbastanza.
Questa la posizione del Wwf e del Greenhouse Gas Management Institute Ghgm, contenuta nel rapporto “Le emissioni di metano in Italia”.
Il nostro Paese è solo 18esimo in Europa per taglio delle emissioni di questo gas serra tra il 2000 e il 2019 e il ricorso al metano per la produzione di energia presenta costi sanitari altissimi, stimati in 2,17 miliardi di euro.


Il report indica l’Italia al primo posto, tra i paesi dell’Ue più il Regno Unito, per l’ampiezza di questi costi che, nell’insieme della regione, ammontano a 8,7 miliardi.
Sarebbero 2.864 le morti premature dovute all’uso di energia prodotta da gas naturale, nel solo 2019, e ci sarebbero anche 15.000 casi di impatti respiratori, oltre 4.100 ricoveri e più di 5 milioni di giorni lavorativi persi per malattie.
Di fronte queste cifre, la responsabile Clima ed energia di Wwf Italia, Mariagrazia Midulla, esprime grande preoccupazione per le azioni del governo: “Nei vari decreti sono previsti contratti per i rigassificatori fino al 2043, questo è un modo di guardare al nostro futuro energetico molto discordante con gli impegni che abbiamo preso, perché noi nel 2050 dovremo avere tutto un altro sistema energetico”.
La richiesta del Wwf è un sistema di monitoraggio delle emissioni che sia realmente affidabile e una strategia specifica per il metano, allineata a quella europea e integrata con il nuovo Piano nazionale energia e clima, che non consideri soltanto il comparto energetico.


In Italia, come sottolinea l’autore dello studio, l’esperto dell’Ipcc Domenico Gaudioso, i primi settori per emissioni di metano sono l’agricoltura con il 44,2% e la gestione dei rifiuti con il 37,9%. L’energia pesa per il 17,9%, soprattutto a causa delle perdite e delle fughe che non sarebbero controllate adeguatamente.
“Nel rapporto c’è anche una notizia positiva – sottolinea il climatologo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) Sandro Fuzzi – ossia che il tempo della permanenza nell’atmosfera del metano è di circa 12 anni rispetto ai diversi secoli della Co2 e quindi la riduzione delle emissioni è uno dei modi migliori per limitare il riscaldamento del clima in tempi relativamente brevi”.
Un taglio del 45% delle emissioni di metano causate dall’uomo entro il 2030, secondo stime dell’Onu, può evitare quasi 0,3 gradi di riscaldamento globale, aiutando a contenere l’aumento della temperatura a 1,5 gradi come previsto dagli accordi di Parigi.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un nuovo allarme per il clima: “Abbiamo una scelta: azione collettiva o suicidio collettivo. È nelle nostre mani”.

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