CRV – Quinta commissione approva tetti di spesa per sanità privata convenzionata per non residenti
13 Ottobre 2022 14:12
La commissione Sanità del Consiglio veneto, presieduta da Sonia Brescacin (intergruppo Lega), ha approvato a maggioranza i criteri di determinazione dei tetti di spesa per il biennio 2022-23 per l’assistenza ospedaliera e le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate degli enti privati accreditati ai cittadini non residenti in Veneto. Il provvedimento di Giunta in esame – adottato a fronte dell’aumento di spesa di circa il 35% segnalato da Azienda Zero per le prestazioni ai pazienti extraregione – individua come tetto di spesa per gli erogatori privati il valore del fatturato consolidato al consuntivo 2019, al netto dei ticket per la parte ambulatoriale. Eventuali prestazioni in esubero verranno riconosciute l’anno successivo, nei limiti delle quote del fondo sanitario effettivamente assegnato alla Regione del Veneto e quando verranno pagate dalle Regioni di provenienza dei cittadini assistiti. Rimangono escluse dal tetto di spesa le prestazioni ospedaliere di alta specialità, quelle erogate dagli Irccs, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, e le prestazioni di radioterapia. Escluse dal tetto di spesa anche le prestazioni del privato accreditato agli stranieri temporaneamente presenti (STP): tali prestazioni verranno remunerate a parte, a seguito di apposita fattura emessa dall’ente erogatore, e nei limiti delle risorse effettivamente assegnate alla Regione del Veneto.
Prima di esprimere il voto la commissione ha ascoltato le voci dei rappresentanti della sanità ospedaliera privata convenzionata: Giuseppe Puntin presidente di Aiop, l’Associazione italiana ospedalità privata, e Mario Piccinini, presidente di Aris, l’associazione che raggruppa gli istituti sociosanitari di matrice religiosa. I rappresentanti della sanità privata hanno espresso preoccupazione per il controvalore delle prestazioni effettivamente erogate e per i tempi di pagamento: in particolare Aiop ha denunciato la progressiva insostenibilità dei costi per le proprie strutture, che – pur rappresentando il 16,5 % dei posti letto ospedalieri attivi in Veneto – attraggono il 56 per cento della mobilità complessiva extraregione.
La commissione ha inoltre approfondito – con i rappresentanti del mondo cooperativo, i medici della psichiatria e le associazioni per la tutela della salute mentale – il nuovo modello organizzativo e gestionale per i centri diurni per persone affette da patologie psichiatriche. I consiglieri regionali hanno ascoltato i rappresentanti di Confcooperative e di Legacoop, del collegio dei primari di Psichiatria, della Società italiana di riabilitazione psicosociale, della Società veneta di psichiatria e delle associazioni Aitsam, Comitato difesa salute mentale di Verona e Coordinamento veneto sanità pubblica.
Il provvedimento in esame prevede che tutte le aziende sanitarie territoriali del Veneto attivino nel giro di tre anni centri diurni per la salute mentale, secondo un parametro-guida di un posto a tempo pieno nel centro diurno ogni 2500 abitanti in età maggiorenne (pari a una struttura da 20 posti a tempo pieno ogni 50 mila abitanti, con saturazione a 30 percorsi terapeutici individuali); si prevede inoltre che un terzo dei posti sia riservato ai casi ad alta intensità di cura e che, in ogni ambito territoriale, ci sia un centro diurno dedicato ai giovani pazienti che manifestano gli esordi di una patologia psichiatrica. I posti vanno intesi a moduli, non più quindi secondo la corrispondenza ‘un posto-una persona-una retta’, ma anche con la rotazione di due pazienti per posto a tempo pieno. I centri diurni per la salute mentale dovranno qualificare la propria offerta in tre direzioni: il trattamento precoce dei giovani, nei casi di esordio della patologia psichiatrica; la riabilitazione e il reinserimento sociale, lavorativo e familiare dei pazienti con possibilità di recupero; e, infine, il mantenimento/potenziamento delle capacità di vita autonoma e di inclusione territoriale per i pazienti cronici. I centri diurni dovranno quindi essere inseriti in contesti urbani, facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici e offrire attività risocializzanti. Dovranno garantire un’apertura settimanale di 40 ore, per complessivi 240 giorni l’anno. In corrispondenza con il potenziamento dell’offerta e dei percorsi di trattamento individualizzato ad alta intensità, le nuove disposizioni prevedono un rafforzamento degli organici dei centri diurni con l’inserimento aggiuntivo di psicologi psicoterapeuti o psicologi con documentata esperienza lavorativa nei centri diurni per la salute mentale, nonché di educatori professionali socio-sanitari o di terapisti della riabilitazione psichiatrica. Da parte delle associazioni dei familiari e degli utenti sono state espresse preoccupazioni e raccomandazioni sulla dotazione organica prevista, sulla formazione del personale e sul termine decennale di permanenza massima previsto nei centri diurni.
Il provvedimento verrà discusso e messo ai voti dalla commissione in una delle prossime sedute.
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