I fiumi sotterranei, l’eterna lotta del bene contro il male tra epoche lontane ed enigmi irrisolti
22 Novembre 2022 12:33
Ci sono delle storie che con il passare del tempo vengono dimenticate: vicende antiche che affondano nel buio della terra e si fingono scomparse, ma che continuano a scorrere silenziose, fino a quando, in maniera inaspettata, decidono di riaffiorare. Ci sono luoghi che diventano ospiti e spettatori immortali delle vite che scorrono in essi, custodi di bagagli pesanti e senza nome, dei quali però, con cura e impegno, è possibile ricostruire l’identità. Nella Cartera di Passariano ritroviamo tutto questo: costruita nel 1793 dall’ultimo doge di Venezia Lodovico Manin, tanti sono stati i suoi proprietari, gli utilizzi per i quali è stata adibita la struttura e i fatti storici ai quali è sopravvissuta. Molteplici sono le vite che si sono intrecciate tra le sue stanze: con esse sono proliferati i misteri, gli interrogativi e le leggende che l’hanno resa un luogo suggestivo, avvolto nel mistero.
“La scrittura di questo romanzo è iniziata quando ho acquistato la Cartera” spiega Alberto Mario Scrattelli – pseudonimo dello scrittore friulano d’adozione – ai microfoni di Se Scrivendo, il salotto letterario targato CaosFilm “una volta diventato il proprietario mi sono interessato ai trascorsi di questo luogo e ho scoperto che è stato un ricettacolo di storie: alcune antiche, altre meno antiche, altre ancora riguardanti l’ultima Guerra, ma che ha raccolto anche trame e misteri che si sono intrecciati e che hanno sempre lei come baricentro”.
I Fiumi sotterranei, opera prima dell’autore, pubblicata dal Gruppo Albatros il Filo, è dunque molto più di un romanzo, e l’autore ci tiene a ricordarlo ai suoi lettori sin dall’inizio. Non un’opera tradizionale, dunque, ma nemmeno un divertissement o un esercizio di stile. Non è una trama unitaria a svilupparsi dall’inizio alla fine, ma “sono i personaggi che via via si susseguono, buoni o cattivi che siano, a trascinarsi ognuno delle storie”, chiarisce Scrattelli. Le donne e gli uomini le cui vicende scorrono tra le pagine sono frutto di fantasia, ma il contesto storico e sociale nel quale operano sono assolutamente reali: la campagna friulana con le sue leggende e credenze, la storia della Cartera, il crollo del Terzo Reich e la fuga dei gerarchi nazisti, le trame sudamericane, la CIA, la P2 e molto altro.
Protagonista indiscusso è Franz Togeist, la cui storia viene ricostruita un tassello dopo l’altro dall’Io Narrante: l’uomo è un ufficiale tedesco impegnato nella lotta contro i nazisti, è dunque un eroe buono, vittima e mai carnefice. È la sua vicenda a suscitare l’interesse del nuovo proprietario della dimora di campagna, a lasciare spazio a una serie di domande che necessitano di una risposta. Oltre ad aver trovato una lettera destinata a Torgeist, infatti, il narratore scopre che il fiume Ghebo, che circondava la zona della Cartera, ha un corso differente rispetto a qualche centinaio di anni prima, tanto da aver dato vita all’enigma irrisolto del “Palut”, l’antico nome che i friulani attribuivano alle zone risorgive. Leggenda narra, inoltre, che in quelle zone paludose si fosse inabissato un panzer tedesco, e che fosse rimasto lì, con tutto il suo contenuto, per più di settant’anni.
A svelare nuovi preziosi indizi sono i numerosi personaggi che, alcuni in epoche precedenti, altri in tempi successivi a quelli dell’ufficiale tedesco, porteranno tra le pagine i vizi e le virtù che li contraddistinguono, attraverso una netta separazione tra buoni e cattivi che ribadisce senza tregua l’eterna lotta tra il bene e il male. “La linea conduttrice del libro è la coscienza umana” continua l’autore durante Bookshow, la sezione di approfondimento letterario di Se Scrivendo “tutti i personaggi sono chiamati a fare i conti con la propria coscienza. È un romanzo storico, ma la chiave di lettura, se vogliamo, è filosofica”. La Storia acquisisce dunque spessore attraverso le storie narrate, distinguendosi da certi filoni cronachistici che si riducono alla mera trascrizione degli avvenimenti. La prosa di Scrattelli è capace di far scorgere, in mezzo alle vicende note, gli umani sentimenti, gli affetti, le paure e le incertezze che affiorano dalla patina di orgoglio e dignità che riveste molti personaggi. D’altra parte non cela le nefandezze e le brutture che la guerra porta con sé, come anche le trame oscure che nei secoli precedenti si sono avvicendate in quelle terre. L’opera offre pertanto numerose occasioni di riflessione, ma soprattutto mantiene sempre viva la tensione, un mistero dopo l’altro.
Attraverso i lunghi “ex ante” narrati conosciamo anche la famiglia Abati, e con essa l’antico utilizzo della Cartera verso la fine dell’Ottocento. Domenico, abile artigiano di Fabriano, era riuscito a prendere in affitto l’opificio dai Manin grazie alla sua perizia nella fabbricazione della carta. Anche lui è un “buono”, del quale si apprezzano la dedizione al lavoro, la gentilezza e l’amore offerto alla giovane moglie, Lina. È con lei che subentra un altro interessantissimo filone dell’opera, legato al sovrannaturale, al ruolo dell’onirico e alla medianità tra universi paralleli.
Se infatti la coscienza è la linea conduttrice dell’opera, come ha ricordato Scrattelli, non si può d’altra parte trascurare la dimensione dell’inconscio, capace di suggestionare e addirittura di influenzare le scelte, le riflessioni e le convinzioni di molti personaggi. Ai sogni premonitori, alle visioni e ai tentativi di comunicazione con l’aldilà e con altre dimensioni temporali è dedicata una larga parte del libro, rendendo così inevitabile una certa riflessione sull’Anima: è la natura spirituale dell’uomo? Una dimensione fisica? È realmente immortale come asserito dalla quasi totalità delle religioni? Dopo la morte essa raggiunge una dimensione altra o trasmigra in una nuova dimensione corporea? Ma soprattutto: che ruolo hanno le anime che hanno abitato la Cartera per chi la possiede adesso? Sembra che sia trovare una risposta a questa domanda il fine ultimo del Narratore, la forza propulsiva della sua ricerca febbrile, dunque non soltanto un mero interesse storico e documentale, ma in primis il tentativo di ricostruire un filo logico della sua presenza lì in quel momento, del fascino che la struttura ha immediatamente eserciato su di lui prima ancora di averla acquistata.
Alberto Mario Scrattelli risale, un passo dopo l’altro, il percorso sommerso dei fiumi sotterranei, adesso finalmente svelati nella loro duplice natura: da una parte fisica, dall’altra spirituale e metaforica. Senza la paura di sporcarsi le scarpe o di scavare nel fango, raggiunge la limpida sorgente dalla quale essi sgorgano, per poi tornare al punto di partenza e sorprendersi di come queste acque inabissate, una volta riemerse, continuino ad essere limpide, cristalline, pur avendo percorso chilometri interi a farsi strada tra le pietre e la terra. Con quel loro scorrere silenzioso, nel frattempo, hanno reso la campagna fertile, generosa, tanto da ricevere l’omaggio degli uomini che in quelle terre hanno voluto mettere radici, eleggendola a propria dimora. Le storie, come i fiumi, non muoiono mai: lasciano intravedere il segno del loro passaggio pur senza mostrarsi, nutrendo l’anima così come la terra, chiedendole di portare frutto. È per questo, però, che è importante lasciarle emergere: perché possano, anch’esse, trovare finalmente la loro foce.
La responsabilità editoriale e i contenuti di cui al presente comunicato stampa sono a cura di NEW LIFE BOOK
© Copyright 2024 Editoriale Libertà