“Laggiù qualcuno mi ama”: il cuore malato di Massimo Troisi è nel cuore di tutti

Presentato in apertura della Berlinale 73, “Laggiù qualcuno mi ama”, il documentario di Mario Martone dedicato a Massimo Troisi nell’anniversario della sua nascita, settant’anni fa, ci riporta davanti agli occhi il grande attore, il grande regista e il grande uomo che era.

Troisi, che è morto nel 1994 a 41 anni a pochi giorni da un intervento al cuore che gli avrebbe salvato la vita, rimane per noi un eterno ragazzo, che tra malinconia e comicità non ha mai perso l’occasione di metterci di fronte alle verità importanti della vita.

Martone delinea la sua parabola artistica dagli inizi alla fine, inquadrandolo a partire dagli anni della sua formazione nella Napoli che hanno condiviso: il regista e i suoi ospiti lo mettono vicino ai più grandi, dalla figura di Antoine Doinel di Truffaut a Chaplin a Totò, e la sua eredità arriva sempre più vicino, a Paolo Sorrentino, a Ficarra e Picone, a Francesco Piccolo. Un lavoro prezioso, arricchito dalla presenza di Anna Pavignano, che è stata la sua compagna per qualche anno e che lo ha sempre accompagnato nella scrittura dei film: Martone la incontra per indagare i loro processi creativi di coppia, che hanno portato sullo schermo figure maschili e femminili nuove, complesse e problematiche. Prima di Troisi i maschi erano Sordi, Manfredi, Tognazzi, Gassman: quando arriva lui cambia l’orizzonte, e introduce una fragilità che viene ben compensata dalle donne che sceglie di mettersi accanto, Francesca Neri, Giuliana De Sio, Jo Champa, Maria Grazia Cucinotta, le donne che sono dappertutto nel film (nel materiale d’archivio spunta anche una giovanissima Isabella Rossellini che lo intervista).

 

Dice una cosa bellissima Goffredi Fofi: “In Troisi noi respiravamo”. Troisi e Maradona, Benigni, Pino Daniele, Troisi e il suo cuore malato sono nel cuore di tutti. Troisi è uno di quelli che hanno scritto il nostro cinema, di cui citiamo frasi a memoria, che ci ha regalato parole così note che non dobbiamo neanche più ricordare da dove vengono. Troisi che è uno di quelli che hanno costruito il nostro lessico familiare italiano. Bastava farlo capostazione. Mo’ me lo segno. Un fiorino. Ugo!, per non parlare di “Annunciazione Annunciazione!”

E adesso guardando il film ne ho trovata una nuova: “Io sono uno solo a leggere, loro un milione a scrivere”.

 

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