Videogiochi e Olimpiadi: come sbagliare (quasi) tutto in poche, semplici mosse
Di Andrea Peroni 14 Marzo 2023 04:28
Non senza anni di dibattiti, il Comitato Olimpico Internazionale ha annunciato un’epocale novità per la prestigiosa competizione sportiva che unisce i paesi di tutto il mondo. In occasione di una presentazione a Losanna, il Cio ha infatti rivelato la nascita delle Olympic Esports Series, che metteranno alla prova una serie di videogiocatori professionisti pronti a confrontarsi fra loro in discipline virtuali riconosciute dalle Olimpiadi. Tutto molto nobile, ma il problema è che l’operazione sembra essere stata confezionata per partire con il piede sbagliato.
Al momento, le discipline confermate sono nove, e il metro di giudizio del Cio per la scelta non è esente da discussioni. Se da un lato in molti già davano per scontata l’assenza di titoli come Counter Strike, Rainbow Six e Valorant, viste le dinamiche legate ad armi e violenza, probabilmente nessuno si sarebbe aspettato di leggere molti dei nomi presenti nella lista delle produzioni videoludiche scelte dal comitato per inaugurare questo importante step del settore esports, visto da vari esperti del circuito competitivo come una decisione senza senso. Invece di sfruttare le infinite possibilità concesse dai videogiochi, il Cio ha infatti scelto di tradurre le discipline reali in sport virtuali, introducendo quindi nelle sue Olimpiadi degli Esports la danza, gli scacchi, il tennis, il tiro con l’arco, e così via dicendo.
Una scelta bizzarra ma effettivamente in linea con le Olympic Virtual Series del 2021, dove già all’epoca il Cio aveva parlato più nello specifico di sport virtuali intesi come riproposizioni digitali delle competizioni sportive tipiche delle Olimpiadi. Il nuovo appellativo fa riferimento invece agli Esports, prendendo però in considerazione giochi, e anche discipline, che con gli “sport elettronici” hanno ben poco a che vedere.
Ne è del parere anche Simone Trimarchi, ex campione italiano di Starcraft, ora giornalista, caster e veterano del settore esport, che ai nostri microfoni ha spiegato che “se [gli organizzatori] avessero continuato su questa linea senza usare la parola esport, non si sarebbe alzato il polverone che abbiamo visto su Twitter in questi giorni. Purtroppo però se usi una parola che è già comune ed è orgoglio di alcune community, non chiamandole in causa, sarà molto difficile che le stesse ti accetteranno.”
Il discorso assume contorni più ampi, e va a toccare in particolare i videogiochi scelti per questa prestigiosa competizione. Per un Gran Turismo 7, scelto per la disciplina delle corse in auto, e un Just Dance di Ubisoft (danza), ci sono anche tante produzioni sconosciute, o quasi, salite alla ribalta proprio dopo questo annuncio. L’esempio forse più clamoroso è Tic Tac Bow, free to play di tiro con l’arco (mischiato a tris) disponibile per dispositivi mobile e inclusivo di palesi dinamiche pay to win, che con i valori dello sport ben poco hanno a che fare. Anche la scelta di Chess.com, sito web per il gioco degli scacchi, ha creato una certa perplessità in due sensi: oltre al fatto che non si tratta di un vero e proprio videogioco, è difficile pensare che questa disciplina debba per forza essere rappresentata in forma digitale. La confusione è evidente, e anche gli esperti del settore sono dubbiosi circa le scelte del Cio.
Trimarchi spiega: “Qui si tratta di un mischione di titoli davvero impressionante. Da una parte ci sono giochi AAA come Just Dance a rappresentare la danza o addirittura Gran Turismo a rappresentare il driving […] e dall’altra ci sono Tic Tac Bow o Tennis Clash a rappresentare rispettivamente tiro con l’arco e tennis. I primi sono videogiochi ben fatti, ben costruiti, con community gigantesche alle spalle, publisher importanti e un movimento multiplayer e torneistico già avviato. I secondi sono dei videogiochi mobile senza nè arte nè parte (lo dimostrano il numero di download, anche se non mi sarei basato di certo solo sulla popolarità per una simile definizione), e per giunta pay to win.”
Sebbene venga assecondata l’assenza di videogiochi che fanno della violenza il loro principale obiettivo (“Immagina aprire Rai 1, mettere le Olimpiadi, c’è l’Italia di CSGO – quello che vedi a schermo è un mirino e teste che volano: sarebbe semplicemente impensabile”), è evidente ancora una volta che buona parte delle scelte del Cio siano altamente controverse, per non dire addirittura insensate. Alla luce di questi primi annunci, sembra proprio che le Olympic Esports Series abbiano già l’aria di essere un’occasione sprecata.
Ciononostante, le “Olimpiadi virtuali” avranno il merito di portare all’attenzione di sempre più persone un settore in crescita ma ancora bistrattato, poiché, spiega ancora una volta Trimarchi, “un palcoscenico come quello dei Cinque Cerchi sia molto importante innanzitutto perché legittima, non tanto agli occhi del grande pubblico come numero ma di un pubblico sicuramente più maturo, il movimento esport.”
Un video gameplay di Tic Tac Bow
Un pensiero condiviso anche dagli organizzatori: il Director of Sports del Cio, Kit McConnel, ha spiegato al Corriere dello Sport che “l’obiettivo primario è instaurare un rapporto con i giovani di tutto il mondo, scopo imprescindibile delle Olimpiadi. […] Le due community (quella dei gamer e quella degli appassionati di olimpiadi ndr) si parlano costantemente perché i giovani praticano o seguono lo sport, anche attraverso il gaming.”
Nonostante luci e ombre, gli intenti sono comunque chiari e condivisibili, ma è ancora presto per dire se il format scelto per le Oes, che a differenza delle Olimpiadi vere e proprie si terranno annualmente, saprà dare il giusto risalto al settore. Il primo appuntamento è fissato dal 22 al 25 giugno 2023 a Singapore, quando si terrà l’inaugurale manifestazione olimpica nella storia degli esports. Di alcuni esports, perlomeno.
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