CRV- Commissione Covid: Consiglio veneto vota la presa d’atto della Relazione finale
21 Marzo 2023 19:35
Nel corso della seduta odierna, il Consiglio regionale del Veneto ha approvato la Pda n. 61, con 37 voti favorevoli e 9 non espressi, ovvero la Relazione finale e la Relazione di minoranza della Commissione speciale d’inchiesta sull’andamento dei contagi e dei decessi da Sars-Cov-2 durante la pandemia, con particolare attenzione alla seconda ‘ondata’. La Relazione finale è stata illustrata dalla Consigliera Sonia Brescacin (Lega-LV), segretario della Commissione speciale istituita con deliberazione consiliare n. 52 dell’8 giugno 2021, e presieduta da Francesca Zottis (Pd), Vicepresidente Milena Cecchetto (Lega-LV), e composta inoltre dai Consiglieri di Lega-LV Boron, Cestari, Sandonà, Scatto e Zecchinato, di FDI Soranzo, di Forza Italia Venturini, di Veneta Autonomia Piccinini, del Pd Bigon e Camani, del M5S Baldin e de Il Veneto che Vogliamo Ostanel. La Relazione di minoranza è stata illustrata dalla Consigliera Camani. Gli atti saranno trasmessi alla Procura.
“Dall’analisi dei provvedimenti posti in essere e dal confronto con gli esperti auditi – ha affermato la Consigliera Brescacin – è emerso chiaramente come la Regione del Veneto abbia affrontato la pandemia, sin da quando, anche a livello mondiale, era difficile individuare una strategia di azione, utilizzando tutti gli strumenti e le conoscenze disponibili in maniera razionale, efficace e coordinata con le strutture territoriali, nazionali ed internazionali, e con l’unico fondamentale obiettivo di combattere il virus e salvare quante più vite possibili. Il sistema ha consentito di prendere fin dall’inizio della pandemia decisioni importanti, come quella di sottoporre a tampone gli abitanti di Vo e di trasformare in covid hospital l’ospedale di Schiavonia. Inoltre, la Commissione si è soffermata a lungo sul tema dei posti letto di terapia intensiva e semintensiva: la Regione non si è mai trovata in carenza di posti letto disponibili e nessun paziente è stato inviato fuori regione. Dagli 825 posti letto di Terapia Intensiva comunicati al ministero a marzo 2020, si è giunti, grazie agli interventi regionali e nazionali, ai 1000 posti di TI, certificati anche dal governo. Tutti i posti letto di TI erano attivabili, stanti i 926 medici anestesisti in organico a marzo 2020, cui vanno aggiunti le prestazioni esterne e i contratti libero-professionali pre covid, per un totale di 1020 medici”. Con il DPCM del 3 novembre 2020, e quindi nell’ambito dello scenario nazionale di rischio, viene introdotto il sistema delle 3 zone, gialla, arancione e rossa. Lo scenario di rischio aggiuntivo regionale, come ricordato in sede di illustrazione della Relazione, si fonda sull’ordinanza del 12 novembre del Presidente Luca Zaia con la quale si introduce “L’area gialla ‘plus’ con misure, in alcuni casi, più restrittive dell’area arancione e più dettagliate nei comportamenti da seguire al fine di ridurre gli assembramenti. A tal proposito, e quindi sui temi del calcolo dell’RT e della conseguente classificazione delle zone con limitazioni, l’ISS ha confermato che i casi positivi sono sempre stati tutti notificati al ministero e che nessuna incongruenza o anomalia è emersa dal monitoraggio dei dati trasmessi nel periodo settembre-novembre: mettere in discussione la zona gialla assegnata al Veneto significa mettere in discussione il sistema nazionale di validazione dei dati regionali”. In merito alla questione dei tamponi molecolari, è stato rilevato che “A marzo 2020 la processazione giornaliera di tamponi molecolari fosse pari a 3915 tamponi al giorno, ad aprile a 9172, fino ai 16.755 tamponi di dicembre, dato significativamente superiore rispetto alle altre Regioni: nel periodo 24 febbraio 2020-gennaio 2021, il Veneto ha eseguito un numero di tamponi molecolari su 100.000 abitanti che lo collocano dietro solo alla Provincia di Trento, al Friuli e alla Provincia di Bolzano”. Ai test molecolari si sono aggiunti i test rapidi, “Attività che ha garantito individuazioni di positivi non rilevabili altrimenti: studi scientifici autorevoli approvati dalla comunità scientifica sostenevano la validità dell’uso dei test rapidi nei Piani di sanità pubblica. In Veneto, nell’ottobre del 2020 – ha sottolineato Brescacin – si sviluppa una nutrita polemica sui test rapidi, sulla scorta di un approfondimento diagnostico del professor Crisanti, componente del Comitato scientifico regionale che sul punto non aveva fatto pervenire osservazioni, e utilizzati su suo suggerimento anche in Sardegna; devono passare 2 anni perché lo studio trovi pubblicazione, ma in ottobre del 2022 lo studio è profondamente diverso dall’antecedente: il test molecolare è confermato gold standard, resta evidenziato il valore dei test rapidi per una diagnosi tempestiva, sparisce la correlazione tra l’utilizzo di test antigenici e la presunta maggior mortalità in Veneto, con particolare riferimento alle case di riposo. A proposito del rapporto decessi-tamponi, i dati della relazione finale mettono in evidenza che il Veneto ha un rapporto decessi su 100mila abitanti inferiore ad altre Regioni del Nord e, rispetto alle stesse Regioni, ha un maggior numero di tamponi effettuati, sempre sui 100.000 abitanti: quindi più tamponi meno decessi”.
“Abbiamo proposto l’istituzione di questa Commissione d’inchiesta per comprendere con precisione quanto realmente accaduto nel corso della seconda ondata, tra ottobre 2020 e marzo 2021, mesi in cui la nostra Regione è stata letteralmente travolta dal virus, segnando record negativi per ricoveri, contagi e decessi”. Così Camani che ha aggiunto: “Le Istituzioni, che allora furono chiamate a prendere decisioni davvero complicatissime, oggi hanno il dovere di chiedersi se quelle decisioni sono state corrette e hanno raggiunto gli obiettivi previsti, per rispetto delle vittime, dei loro familiari, del personale medico e sanitario, che è stato in trincea per mesi, per tutelare la salute dei cittadini, che hanno bisogno, oggi, di risposte e di verità. Noi non vogliamo essere la pubblica accusa, ma avremmo preferito che la maggioranza non fosse la difesa d’ufficio: ci siamo impegnati per mesi a interrogarci su ciò che è accaduto, perché 8282 morti in 5 mesi non possono essere liquidati come fatto ordinario dell’episodio pandemico. La prima ondata è stata affrontata a mani nude, ma nella seconda cos’è accaduto? Questa è la domanda ineludibile”. La Relatrice di minoranza ha di seguito analizzato le fasi successive alla prima ondata, ossia il periodo in cui il Governo aveva attivato un sistema di decisione fondato sulla collaborazione con le Regioni che dovevano inoltrare al Governo una serie di indicatori sulla base dei quali il Governo stabiliva le zone di appartenenza: “L’indicatore Rt, se superava la soglia di 1,5, portava direttamente alla zona rossa, quella con le restrizioni più severe, ma tra ottobre e novembre il software gestione utilizzato per la trasmissione dei dati è stato cambiato, con conseguente trasmissione irregolare dei dati dai quali dipendeva l’indicatore stesso, per un periodo non precisato. Altra questione, quella relativa all’ulteriore parametro utilizzato per la dichiarazione della zona rossa, ovvero il numero dei posti letto di terapia intensiva occupati in percentuale superiore al 30%: poiché il numero dei pazienti in TI non può essere cambiato, sarebbe stato sufficiente modificare il numero dei posti letto disponibili per modificare la percentuale: la Regione del Veneto dichiarava di averne 1000 sapendo che centinaia di quei non esistevano nella realtà, e non è dato sapere se fossero attivabili. Non abbiamo avuto la forza e il coraggio di assumere la decisione più difficile, ma anche l’unica in grado di bloccare fisicamente un virus, che era già diventato ormai incontrollabile: distanziamento e barriere fisiche, non avevamo alternativa. La Relazione di maggioranza rinuncia a riconoscere il dramma vissuto da decine di migliaia di cittadini di questa Regione, e a voler capire se davvero qualcosa di diverso poteva essere fatto”.
L’argomento sviluppato in conclusione dalla Consigliera Camani è stato ripreso anche dalla collega Bigon: “Riporto una dichiarazione del professor Enrico Rettore, che dichiara, in data 10 marzo, a seguito di un’analisi fatta dalle nostre relazioni e dagli allegati, che se avessimo applicato la zona rossa in Veneto, si sarebbero potuti evitare almeno 3200 decessi”. La Presidente Zottis ha posto l’accento sulla situazione in cui versano, in parte ancora oggi, le Rsa nel post covid, mentre la Consigliera Baldin sui punti ancora oggi oscuri relativi alla gestione della pandemia, con riferimento, a titolo esemplificativo, all’inchiesta in corso sui tamponi rapidi. La Consigliera Ostanel ha ribadito le perplessità sul metodo di calcolo dell’indice Rt e sull’uso in ospedali e Rsa dei tamponi rapidi in luogo dei molecolari; i Consiglieri Zanoni e Possamai (Pd) e Lorenzoni (Gm) hanno evidenziato con particolare forza l’assenza del Presidente Zaia; la Consigliera Guarda (EV) ha sottolineato l’obiettivo politico della Commissione, ossia evitare la ripetizione in futuro di errori, inevitabili, avvenuti nel corso della seconda ondata. I Consiglieri di maggioranza Valdegamberi (Gm), Scatto, Zecchinato, Venturini, Giacomin, Pan e Villanova (Lega-LV), Soranzo e Piccinini, infine, hanno rimarcato, con sfumature diverse e nel sottolineare la bontà del lavoro svolto dalla Commissione e quanto espresso nella Relazione finale, le difficoltà nell’esprimere giudizi a posteriori su un tema così delicato e complesso. Nella replica finale, l’assessore Lanzarin, nel ripercorrere la gestione della pandemia, ha ricordato come la strategia regionale sia sempre stata trasparente e fondata su evidenze scientifiche, confermando quanto evidenziato nella Relazione finale, l’utilità futura del lavoro svolto e il ruolo fondamentale degli operatori della sanità veneta.
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