“Con i tuoi occhi ho visto l’Afghanistan”, l’innocente sguardo puntato al futuro che vince la paura
30 Marzo 2023 11:18
Quando un’opera affonda le sue radici nell’esperienza diretta dell’autrice e assume il valore di una testimonianza sincera ed emotiva, non si può dubitare di trovarsi di fronte a una storia preziosa per la sua intimità, che suscita naturalmente immediata empatia. Perché si è consapevoli fin dalle prime pagine che la narrazione è affidata a chi ha vissuto sulla propria pelle quello che oggi racconta e questo dona alle parole un significato profondo e avvalora le riflessioni con le prospettive di chi, oltre a essere il personaggio delle vicende, è una persona reale e tangibile, che dà peso alla narrazione con le sue stesse emozioni. Episodi biografici che rivelano realtà spesso nascoste anche se non sempre distanti o necessariamente straordinarie, ma uniche: frutto dell’esperienza personale, rielaborata e trascritta così da poter permettere al lettore di fruirne e trarne sentimenti e riflessioni proprie, dandogli l’opportunità di immergersi in un’esperienza che non avrebbe avuto l’opportunità di vivere altrimenti.
È proprio questo il caso del romanzo “Con i tuoi occhi ho visto l’Afghanistan”, con cui l’autrice Elisa Lanceni, volontaria da oltre vent’anni accanto ai bambini malati in ospedale, racconta un momento particolarmente intenso del suo recente passato: l’incontro con Huma, che a undici anni affronta la leucemia lontana da casa e dalla sua famiglia. Venuta in Italia per poter accedere alle cure necessarie che non erano disponibili in Afghanistan, Huma porta con sé l’inconsapevole coraggio con cui certi bambini affrontano situazioni che risulterebbero insopportabili anche a un adulto; un’innocente forza di volontà che proietta il suo sguardo a chilometri di distanza, oltre la sua malattia e a quel mondo sconosciuto, fino a casa, dove sa che tornerà quando starà bene. Perché è in Italia per guarire: di questo è consapevole, rivelando una maturità superiore ai suoi anni.
Pubblicata da Europa Edizioni, quest’opera mostra la realtà riflessa negli occhi di una bambina che con la sua curiosità vince la paura, sfida lo smarrimento e racconta il suo mondo, la famiglia e le usanze. Con leggerezza rivela dettagli di un mondo spesso conosciuto soltanto tramite i notiziari, quello dell’Afghanistan governato dai talebani, dove alle donne non è consentito studiare né guidare o andare in bicicletta, ma che per Huma è semplicemente casa. Dove la aspettano le sorelle più piccole e la madre, di cui le manca l’affetto e ne soffre la distanza; dove il tè viene servito con tanto più zucchero quanto è importante l’ospite che lo riceve e nei giorni di festa le donne indossano vesti vivaci verdi e azzurre dai ricami dorati e il velo che lascia scoperto l’ovale del viso. Ne è testimone Elisa Lanceni, che affida a un racconto emotivo e delicato la sua esperienza come figura di riferimento di Huma, ruolo a cui si dedica con grande cura fin dal primo momento in cui viene a conoscenza della situazione della bambina, affiancandola quotidianamente e in parte sopperendo alla sua solitudine e al suo grande bisogno di affetto, insegnandole qualcosa di quel mondo a lei estraneo e scoprendone insieme le differenze col suo.
Una narrazione che assume il tono vivace di Huma, lo sguardo con cui lei interroga la realtà, che l’autrice ha imparato a conoscere trascorrendo con lei il suo tempo libero e che ha scritto con grande empatia nelle pagine del suo romanzo. La malattia non pesa sulla trama come un fardello onnipresente, ma viene trattata così come sembra viverla Huma; solo rari dettagli durante il susseguirsi delle vicende raccontate rivelano alcuni dei sintomi di cui soffre, ma la narrazione è soprattutto concentrata su tutto il resto: l’avvicinamento delle due protagoniste del romanzo e dei loro mondi fisici ed emotivi durante quei giorni trascorsi assieme, rimasti indelebili tra i ricordi di Elisa Lanceni, che nell’opera ripercorre ogni passo percorso al suo fianco e insieme alla storia di Huma svela anche molto di sé, ma senza alcuna pretesa di ammirazione. Rivela una personalità intrisa di profonda dedizione ed empatia, sentimenti sempre sottintesi alle parole con cui l’autrice si racconta, capace di dare tutto l’amore di cui una bambina ha bisogno per superare la solitudine di immense distanze e la paura dell’ignoto, e che ha l’opportunità di imparare molto di ciò che Huma inconsapevolmente le offre. Dedica a Huma anche alcune poesie dai toni delicati ma che spesso rivelano anche la loro amarezza: più che l’elaborazione poetica di alcune dei momenti di cui questa storia si compone, queste poesie sembrano frutto dello sfogo dell’autrice, che qui riversa tutto l’affetto ancora inespresso per Huma e la tristezza di quella sua condizione. Nella narrazione in prosa, così concentrata sui momenti di affetto e dolcezza che legano Elisa e Huma, pare non esserci spazio per quelle immagini che invece versi rivelano: le piccole mani fredde di Huma sulle lenzuola bianche dell’ospedale che cercano conforto e calore, la sua malinconia che urla senza voce, il suo sguardo lontano che cerca di arrivare fino in Afghanistan dalla finestra del suo ospedale, sono tutti dettagli che l’autrice esprime con la sua poetica “gentile”, che non risulta mai pesante neanche quando è più amara.
Elisa Lanceni dice che la quotidianità è perlopiù composta da giorni semplici che danno l’impressione di scivolarci addosso senza lasciarci alcun ricordo, dove non accade nulla di straordinario e in cui si tende a rassegnarsi alla solita routine: quando però viene stravolta ci si trova a fare i conti con una realtà che non ci appartiene più e che dobbiamo ricominciare a conoscere. Sia Huma che Elisa hanno dovuto farci i conti: Huma con la tenacia e l’obbiettivo di voler tornare a casa al più presto, ed Elisa con il proposito di starle vicino il più possibile. “Il mio saper esserci non credo fosse eccessiva sollecitudine o un mantenere la parola data, così come non saprei spiegare quale forza e determinazione mi guidassero, quale tenero amore mi animasse. Quello che so è che, piano piano, giorno dopo giorno, con rispetto e fiducia abitavamo l’una nell’altra, i nostri sguardi erano rivolti verso l’Afghanistan, l’orizzonte era la guarigione e, oltre l’orizzonte, la vita!Unite andavamo avanti, guardavamo avanti e lanciavamo in alto i nostri sogni perché le stelle continuassero a brillare.”, citando le parole dell’autrice.
“Con i tuoi occhi ho visto l’Afghanistan” è un romanzo che colpisce con la sua pura forza emotiva, commuovente fin dai primi momenti, invoglia a farsi leggere tutto d’un fiato mentre ripercorre ogni momento d’affetto che avvicina Huma ed Elisa, insegna l’importanza di quei semplici gesti d’amore verso il prossimo, che hanno il potere di lasciare il segno, di vincere la paura e rivelare realtà che altrimenti rimarrebbero celate, cambiando per sempre la prospettiva di chi le contempla. Insegna il valore di sapersi donare agli altri senza doverlo spiegare, ma semplicemente raccontandolo. Bisogna aprire il proprio cuore al mondo e solo allora forse si riceverà indietro il regalo più prezioso che qualcuno possa farti: il suo affetto, quello che si dedica soltanto ai membri della propria famiglia e, raramente, agli amici più cari; indissolubile e sempre sincero. Elisa Lanceni descrive come questo affetto sia in grado di abbattere ogni barriera, traendo la sua forza proprio dalle differenze tra Elisa e Huma, il cui legame si solidifica passo dopo per ogni scoperta che l’una fa dell’altra. Un’esperienza indelebile che l’autrice rivela in ogni suo dettaglio in quest’opera colma di un’empatia da cui c’è molto da imparare.
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