Atlantis “cattedrale nel deserto”: esodo dei lavoratori e area inutilizzata

26 Dicembre 2013 11:45

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È trascorso quasi un anno dallo stop alla produzione dell’Atlantis di Sariano di Gropparello, annunciato, come un fulmine a ciel sereno, solo a novembre del 2012 ai 200 operai e tecnici dello stabilimento, giudicato dalla dirigenza come “non più strategico”. In dodici mesi, il gruppo, il torinese Azimut. Benetti, che aveva motivato la sua scelta con ragioni economiche e con la crisi dell’intero settore, ha incassato un doppio successo. Secondo il Global Order Book 2014, infatti, edito dalla prestigiosa rivista americana ShowBoats International, il gruppo è oggi al primo posto nella classifica globale delle barche in costruzione e come produttore di megayacht custom. Nulla di questo successo tocca la fabbrica-gioiello di Sariano di Gropparello, rimessa a lucido solo cinque anni fa con investimenti sostanziosi destinati al parcheggio, all’illuminazione e agli antifurto e, poi, abbandonata al suo destino: la manifestazione d’interesse presentata da un imprenditore di Gossolengo si è risolta in un nulla di fatto, mentre per i lavoratori si sono aperte le strade di un vero e proprio esodo, contribuendo allo spopolamento di Gropparello, un paese piuttosto povero, nell’alta collina piacentina. Molti lavoratori, quelli stranieri, sono tornati nel Paese d’origine, altri sono stati reimpiegati nello stabilimento di Avigliana (Torino) e si sono trasferiti. Quelli più giovani hanno trovato un nuovo lavoro. Il Comune di Gropparello sta elaborando con l’assessore regionale Paola Gazzolo e la Cgil un progetto per creare una cooperativa di lavoratori dell’ex Atlantis impegnati nella prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico nel Piacentino. La fabbrica, nel frattempo, resta vuota: 60mila metri quadrati inutilizzati che rischiano di trasformarsi nell’ennesima cattedrale nel deserto.

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