“Frammenti di vita sul filo della memoria”, i preziosi ricordi che arricchiscono l’esistenza
31 Ottobre 2023 14:07
Frammenti di vita sul filo della memoria”, romanzo d’esordio di Maria Smedile pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, è una lettura piacevole che conduce lungo un sentiero lastricato di bei ricordi ed esperienze più difficili, la preziosa testimonianza di un’intera vita: preziosa perché unica, irripetibile, potrebbe non apparire straordinaria ma è proprio dall’ordinarietà che trae la sua forza narrativa, dando l’opportunità al lettore di immergersi in un’esperienza che non è la propria, eppure non è neanche così distante.
Leggendo le biografie di personaggi famosi o celebri figure storiche si può certo trarre ispirazione, ma è inevitabile percepire un’incolmabile distanza tra la loro esperienza e la nostra, perché spesso queste opere raccontano di opportunità fuori dal comune, decisioni tra alternative che ai più non si presenteranno mai: leggendo “Frammenti di vita sul filo della memoria” invece, al lettore viene presentato un mondo che conosce, o con cui è in grado di provare empatia. Serenamente, dando prova di grande consapevolezza, Maria Smedile racconta la prima parte della sua vita con toni tranquilli, a tratti onirici, offrendo i suoi ricordi senza contaminarli con un’eccessiva analisi, ma lasciandoli intatti, quasi idealizzati: momenti capaci di emozionare il lettore grazie alla profonda empatia che Maria Smedile riesce a stabilire con le sue parole delicate e una voce calda, accogliente.
L’autrice, protagonista e narratrice dell’opera, non abbandona mai il fianco del lettore durante il tragitto lungo cui si muove la sua memoria, durante la narrazione le sue riflessioni accompagnano sempre gli eventi raccontati, nella prima parte dell’opera ci presenta i ricordi della sua infanzia trascorsa in un piccolo paese in provincia di Messina: le sfumature dorate dei campi di grano che ondeggiano al vento, il ritmo cadenzato della trebbiatrice che la attirava alla finestra nei primi giorni di giugno, dove rimaneva incantata a osservare la mietitura; le notti d’estate trascorse a guardare il cielo stellato, chiedendo a suo padre i nomi delle costellazioni; i rumori prodotti dagli attrezzi degli artigiani intenti a produrre utensili e prodotti vari nelle loro botteghe, che echeggiavano nelle viuzze del paese; il profumo degli alberi da frutto intono alla casa dei nonni e tutte quelle piacevoli tradizioni che appartengono al Natale, la raccolta del muschio per il presepe e gli zampognari. Momenti che l’autrice racconta sorridendo, questo è ciò che si percepisce durante la lettura che, inevitabilmente, strappa un sorriso anche a chi sta leggendo: “Frammenti di vita sul filo della memoria” riesce a trasmettere la grande serenità dei ricordi che racconta e sa inoltre affrontare temi più delicati con risolutezza, altrettanto serenamente.
La seconda parte dell’opera assume un tono diverso rispetto alla spensieratezza dell’infanzia: il momento di transizione tra le due metà del romanzo è rappresentata dal trasferimento a Milano che l’autrice racconta come un grande cambiamento: dalla tranquillità della vita nel suo paese della Sicilia, si trova catapultata in una realtà dove tutti vanno di fretta e “tutto ti spinge in avanti, come quando scendi a una fermata della metro e la marea di gente ti travolge e ti sospinge in avanti verso l’uscita”, citando le sue stesse parole. All’inizio non comprendeva la frenesia di quella realtà, ma pian piano racconta di esserne stata vittima anche lei. In questa seconda metà della narrazione, Maria Smedile cambia la prospettiva, staccandosi dai ricordi più lontani per raccontare una realtà più vicina alla sua memoria e a quella collettiva: l’inizio della pandemia, il silenzio e la reclusione, l’isolamento e la solitudine di quei momenti che in lei hanno fatto fiorire profonde riflessioni che offre ai suoi lettori nei capitoli conclusivi della sua opera, rivelando che il vuoto di quei giorni fu per lei una fonte di grande ricchezza interiore, perché mai come allora era riuscita ad ascoltarsi fino in fondo e prestare orecchio a tutto ciò che si nasconde sotto la superficie di se stessi.
“Mi sono chiesta tante volte quale sia il senso della vita. La domanda è davvero complessa e non può esserci una risposta univoca. Nessuno, credo, ha mai trovato una definizione soddisfacente per tutti. E infatti il senso della vita è quello che ciascuno di noi dà alla propria di vita”, racconta Maria Smedile alla fine del percorso dei suoi ricordi e delle sue riflessioni attuali, offrendo un ultimo spunto al lettore, forse nella speranza che possa essere d’aiuto e di ispirazione per chi come lei si pone la stessa difficile domanda. “Io paragono la mia al volo dell’aquilone. Come questo mi sono librata e lasciata trasportare dal vento che, talvolta leggero, altre volte impetuoso, mi ha sollevato ora con dolcezza ora con forza selvaggia. Amo volare anche soltanto con la fantasia ma, il più delle volte, l’ho fatto in senso realistico. Volare alto, mettersi in gioco, puntare a traguardi che sembrano irraggiungibili. Ciò dà senso alla vita poiché il tendere sempre verso qualcosa motiva alla vita stessa. L’immobilismo non mi appartiene e, come l’aquilone, traggo profitto della luce del sole per nuovi frammenti di vita”.
L’autrice racconta di aver difficilmente provato a ricomporre il mosaico della sua vita, tassello dopo tassello, di aver rivissuto i momenti passati con maggior consapevolezza, tornando bambina e assaporando di nuovo quel mondo semplice e sano dove la felicità era a portata di mano e non si cercava nei progetti futuri, nelle ipotesi o nelle aspettative, ma era quotidianamente presente, come lo era anche la meravigliosa ingenuità infantile che dona entusiasmo e stupore per le piccole cose di ogni giorno. Trovandosi adulta, il suo mondo è cambiato, smarrendo giorno dopo giorno quell’entusiasmo in grado di cogliere le sfumature della realtà circostante, perdendo semplicità e leggerezza: Maria Smedile è in grado di raccontare perfettamente questo cambiamento che inevitabilmente subisce chiunque, ognuno con le sue differenze: grazie alla sincerità della sua narrazione e alla sua voce delicata e precisa, riesce a inquadrare quel cambiamento tanto difficile da definire, raccontando i momenti della sua infanzia, abbandonandosi a quei ricordi, abbracciandoli completamente e offrendoli al lettore nella loro interezza, evocando suoni e odori, immagini vivide ed episodi allegri; il cambio di tono nella seconda metà dell’opera riesce a raccontare quel momento di passaggio dall’infanzia alla maturità senza doverlo mai spiegare: basta continuare a leggere per capire il cambiamento dell’autrice e nel suo riconoscere anche il proprio. Un passaggio inevitabile, non necessariamente triste ma probabilmente carico di nostalgia: “Frammenti di vita sul filo della memoria” insegna che abbandonarsi ai propri ricordi e immergersi nel proprio passato è come rinascere, assaporare la vera essenza della vita, liberando la mente da ciò che è superfluo, dalla fretta e dall’affanno, dalle distrazioni non necessarie.
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