Grand Theft Auto VI con un trailer è già boom: un videogioco specchio del nostro tempo
Non c’è nulla che non sia più in tendenza di “Grand Theft Auto”. Quanto meno, che non sia più in tendenza quando si tratta di videogiochi e cultura pop a 360°. La serie videoludica di Rockstar Games, pubblicata per la prima volta nel 1997, è diventata un vero e proprio fenomeno di costume nei suoi oltre 25 anni di storia, questo anche grazie al forte legame che la saga ha intessuto con l’attualità, la politica e, più in generale, con la società nel corso del tempo. Ma ci arriviamo tra poco. Per dare una misura di ciò che è e rappresenta “Grand Theft Auto”, o più semplicemente GTA, per la pop culture, basta dare un’occhiata al numero di visualizzazioni che l’attesissimo primo trailer di “Grand Theft Auto VI” – il nuovo capitolo in uscita nel 2025 – è riuscito a totalizzare in poche ore dalla sua pubblicazione: in meno di 24 ore, il video è stato visto da più di 70 milioni di utenti in tutto il mondo, senza dimenticare gli oltre 250,000 post su X in cui si è discusso animatamente del gioco. Ma se parliamo di numeri, non possiamo non citare le oltre 410 milioni di copie vendute in tutto il mondo dal 1997 a oggi; o ancora i quasi 8 miliardi di introiti che è riuscito a generare “Grand Theft Auto V”, arrivando a surclassare gli incassi al botteghino di molte pellicole cinematografiche, e che ancora oggi è stabile in posizioni molto alte nelle classifiche di vendita mondiali a distanza di oltre 10 anni dalla sua prima pubblicazione.
Ma i numeri, si sa, sono solo numeri, e non bastano a offrire una panoramica e una percezione qualitativa del trend GTA. Che cos’è, dunque, “Grand Theft Auto”? In realtà, riuscire a dare una definizione univoca, che sia capace di descrivere in modo efficace il fenomeno nel suo complesso, è piuttosto difficile. L’opera magistrale di Rockstar, infatti, non è solo una serie di videogiochi action-adventure ambientati in un mondo aperto, ma un prodotto pienamente immerso nella società contemporanea, di cui ne diventa il suo critico più spietato. In GTA (il termine sta per “furto aggravato di veicoli”, la meccanica di gioco che ha caratterizzato soprattutto i primissimi capitoli), il giocatore interpreta e controlla un gangster, di cui segue l’ascesa all’interno della criminalità organizzata. I primissimi capitoli erano caratterizzati da una visuale isometrica e da meccaniche di gameplay molto semplici, che nel tempo hanno lasciato spazio a storie e personaggi sempre più complessi e strutturati, con ambientazioni sempre più ricche e dettagliate. Vice City, Liberty City, San Andreas, Los Santos: le città immaginarie di Grand Theft Auto, costruite a immagine e somiglianza delle grandi metropoli statunitensi, sono esse stesse personaggi vivi e pulsanti, che non si limitano a fare da mero sfondo scenografico alle vicende del gioco, ma ne rappresentano una parte attiva. Se è vero che la dinamica criminale è il grande fil rouge che tiene insieme i diversi episodi della saga (per un totale di 8), nel tempo “Grand Theft Auto” ha acquisito uno status unico all’interno dello scenario videoludico, soprattutto per la sua visione cinica e spregiudicata sulla contemporaneità.
Nessuno si salva in GTA, che si tratti di “buoni” o “cattivi”; il mondo, in GTA, non mai è costituito da bianco o nero, ma da frammentarie zone grigie in cui i diversi protagonisti gravitano, girovagano, si perdono, cadono, si rialzano e provano a cercare se stessi. Oltre alla potente satira politica e sociale che permea il suo tessuto connettivo, “Grand Theft Auto” è uno straordinario prodotto intriso di cultura pop, un lucido riflesso di ciò che siamo, di ciò che i videogiocatori sono. I riferimenti a quel mondo sono molteplici: da “Lost” a “Thelma& Louise”, da “Breaking Bad” a “I Soprano”, da “Miami Vice” a “Non è un Paese per vecchi”, da Master Chief di “Halo” a momenti più auto-referenziali come quelli dedicati a “Max Payne”, “Red Dead Redemption” o “L.A. Noir”; ultimo, ma non meno importante, TikTok, il grande protagonista del primo trailer di Grand Theft Auto VI, che oggi è una chiave di lettura indispensabile per decifrare il mondo al di là dello schermo, quello più frivolo, quello più intangibile, quello più superficiale. Perché è questo ciò che GTA fa da quasi trent’anni: decifrare in modo compulsivo, con attenzione quasi chirurgica, il mondo di oggi; e lo fa in modo straordinariamente lucido.
Nel frattempo, c’è chi già accusa Rockstar Games di “essere schiavi della cultura woke”, dal momento che la protagonista di “Grand Theft Auto VI” sarà per la prima volta una donna. Una scelta, quella di Rockstar, che appare ragionata e sensata ancora una volta, proprio perché riflette la cultura del tempo: dove le donne hanno smesso i panni di personaggi secondari e cercano di riappropriarsi di quegli spazi che sono stati negati loro per tanto tempo. Anche (e soprattutto) quando si parla di prodotti di finzione. E poi ci domandiamo per quale ragione “Grand Theft Auto” viene considerato uno specchio della contemporaneità. Per approfondire i temi e la l’impatto sull’immaginario collettivo di “Grand Theft Auto”, si consiglia la lettura di “Fenomenologia di Grand Theft Auto” di Matteo Bittanti (a cura di) – Edizioni Mimesis, e “The Meaning and Culture of Grand Theft Auto” di Nate Garrelts.
di Fabrizia Malgieri
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