Elden Ring e Tolkien: la long defeat e il mistero attraversano la storia
Elden Ring, pubblicato nel 2022, è uno dei videogiochi realizzati dal team FromSoftware e da Hidetaka Miyazaki, leggendario autore giapponese che è ha raggiunto la notorietà con la serie Dark Souls, caratterizzata da un’elevata difficoltà e da una storia complessa e frammentata, tutta da ricostruire partendo da indizi sparpagliati. Il mistero che ammanta la storia dei personaggi e del mondo di Dark Souls ha spinto moltissime persone a interrogarsi, proponendo lunghe e dettagliate analisi su YouTube, Reddit e altrove. Con Elden Ring è avvenuta la stessa cosa: questo enorme gioco di ruolo, che richiede decine e decine di ore per essere esplorato, ha generato tantissimi interrogativi. Qual è la storia dell’Interregno? A quali fonti si sono ispirati Hidetaka Miyazaki e il suo team? E quale ruolo ha avuto lo scrittore fantasy George R.R. Martin, che è stato coinvolto nella realizzazione del gioco?
Tra le fonti di Elden Ring esplicitamente dichiarate – e non c’è da stupirsene – figura Il Signore degli Anelli, il famosissimo romanzo fantasy di J.R.R. Tolkien. Alcuni punti di contatto tra le due opere sono piuttosto immediati. Il mondo di Elden Ring, per esempio, si chiama Interregno (in inglese The Lands Between), facilmente collegabile alla Terra di Mezzo in cui Tolkien ha ambientato le sue storie. Ci sono, però, somiglianze più sottili e molto più curiose. Una di queste riguarda la long defeat, la lunga sconfitta, un tema centrale nelle opere di Tolkien ma che rimane spesso in secondo piano. Il concetto esprime l’idea che nessuna vittoria contro il male è definitiva, e che il mondo scivola lentamente verso l’oscurità. I buoni, gli eroi, che pure sono chiamati a combattere e a sacrificarsi, possono solo allontanare temporaneamente il male. Lo si vede molto bene nel Silmarillion, l’opera di Tolkien che racconta il passato della Terra di Mezzo, in cui gli eserciti del bene combattono volta per volta contro Morgoth, il potentissimo maestro del Sauron affrontato nel Signore degli Anelli, pagando sempre un prezzo altissimo e senza mai una vittoria definitiva.
Anche il mondo di Elden Ring (e di Dark Souls) è fatto così: è un mondo al crepuscolo, che scivola man mano verso l’oscurità. Si cerca un nuovo Lord, che possa tornare a governare l’Interregno, garantendo un relativo ordine, ma i periodi di pace sono sempre apparenti e parziali. Il mondo rimane scosso da infinite battaglie e la corruzione avanza da più fronti. Eroi ed eroine dell’Interregno compiono gesti di enorme eroismo e imprese epiche, ma tutto sembra perdere di sen-so e scivolare verso l’ombra e l’oblio. Come nello scontro tra Malenia e Radahn. Un’abilissima spadaccina che combatte pur avendo perso la vista, un braccio e una gamba a causa del morbo che la corrode fin dalla nascita, contro un guerriero capace di tenere ferme le stelle del cielo mentre duella. Uno scontro incredibile, che però non lascia nulla dietro di sé, se non morti e devastazione, senza un vincitore tra i due.
Nella prospettiva cattolica di Tolkien, la long defeat sarebbe stata infine “redenta” dall’eucatastrofe, da quell’improvviso e miracoloso colpo di scena finale in cui il bene trionfa sul male, perché sarà Cristo ad avere l’ultima parola su Satana, nonostante tutta la potenza di quest’ultimo.
E il sacrificio dei tanti eroi nel corso dei secoli non sarà stato vano. Elden Ring, da questo punto di vista, lascia aperto l’interrogativo.
di Francesco Toniolo
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