Gelo, durata e riciclo delle batterie sono i tre principali nodi della mobilità elettrica

12 Febbraio 2024 05:00

Auto elettriche bloccate nel gelo di Chicago (Usa) alla fine del gennaio scorso

In Italia procede a rilento, ma nel resto d’Europa il mercato delle automobili elettriche è in continua crescita. Con il 15,2%, sono al terzo posto tra le tipologie di veicoli più acquistate, secondo quanto riportano le analisi di Acea.
Ma al di là delle scelte personali, la ragione per muoversi a bordo di un EV è soprattutto ambientale: anche considerando il loro intero ciclo di vita, il think tank Ecco ha stimato una riduzione del 55% di emissioni rispetto ai motori a benzina e del 47% in confronto ai diesel.
Il traffico, va detto, non è l’unica fonte di inquinamento atmosferico.
In un report, Legambiente sottolinea come nel nostro Paese, dove la maggior parte degli edifici è ancora riscaldata a metano, siano proprio gli impianti di vecchia generazione a produrre il 64% delle polveri sottili Pm2,5, il 53% di Pm10 e il 60% di monossido di carbonio. In altre parole, lo smog.
Non possiamo, inoltre, immaginare una mobilità completamente elettrica, se prima non risolviamo le questioni ancora aperte. Ce lo hanno ricordato anche recenti notizie di cronaca.
Attorno a metà gennaio, negli Stati Uniti, il termometro ha raggiunto i -20 gradi. Gli abitanti di Chicago hanno convissuto per diversi giorni con un freddo estremo e sui social sono diventate virali le immagini di auto elettriche bloccate. Più o meno nello stesso periodo i -14°C di Oslo rendevano inutilizzabile una flotta di 130 autobus.
Attenzione, però, la colpa non è solo dei veicoli. Se da un lato le basse temperature riducono le prestazioni delle batterie fino al 40%, dall’altro lato è anche compito di chi guida assicurarsi di non terminare del tutto la carica prima di procedere al rifornimento. “Il freddo, infatti, si può contrastare con la funzione di partenza programmata che consente di pre-riscaldare abitacolo e batteria”, spiega Paolo Attivissimo sul suo blog. In questo modo, si agevola l’erogazione della giusta potenza da parte delle colonnine e si evita che i sistemi di protezione impediscano una ricarica rapida, allo scopo di non danneggiare il dispositivo.
La questione temperature comunque rimane, tenendo conto che andiamo verso un futuro dove gli eventi estremi si verificheranno con sempre maggiore frequenza.
Ma prima del meteo, va risolto il nodo del riciclo, che dovrebbe abbattere il passaggio meno sostenibile della produzione di EV: l’estrazione di metalli rari.
L’Unione europea ha fissato dei paletti che prevedono l’obbligo di riciclare il 26% di cobalto e il 12% di litio entro i 13 anni successivi all’entrata in vigore del regolamento.
Non è così semplice. Oggi la catena del riciclo prevede tre fasi, dallo smontaggio alla lavorazione, per ottenere nuove materie prime. Non esiste però una procedura standard: ogni azienda ha il suo approccio, che dipende soprattutto dai materiali di cui è fatta la batteria. Le più diffuse sono quelle agli ioni di litio, che contengono un’elevata percentuale di cobalto. Per ovviare alla questione, si stanno facendo strada altre tecnologie, in particolare quelle al litio-ferro-fosfato. Non avere dispositivi con gli stessi componenti, complica la filiera circolare.
E poi c’è un aspetto ancora più imminente da risolvere: fino al 2030 non avremo abbastanza veicoli elettrici in rottamazione da cui recuperare metalli rari. Nel frattempo, dovremo continuare a estrarli.
Al miglioramento dell’autonomia, infine, sta lavorando la ricerca. Oggi, un’utilitaria elettrica non arriva a percorrere 450 chilometri con una carica, ma si punta a veicoli che resistano fino a 1.000.

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