“Maestra salvata dalla slavina”. Trentun’anni fa la memorabile nevicata
14 Gennaio 2016 19:33
Ondata di gelo siberiano, con punte a oltre -20 gradi, seguita da quattro giorni di intense nevicate. Non è il bollettino meteorologico di questo inizio di 2016, ma la narrazione di uno degli inverni più rigidi della storia recente di Piacenza, quello del gennaio 1985 segnato da una precipitazione nevosa eccezionale della quale proprio in questi giorni si ricorda il trentunesimo anniversario.
Le cronache e le foto del tempo, tratte dall’archivio storico di Libertà, raccontano di un periodo di super freddo polare, che per giorni spazzò il nord Italia creando notevoli disagi a strade, ferrovie, tubature, scuole e di conseguenza a cittadini, aziende, studenti, viaggiatori e pendolari, mettendo a rischio le scorte di gas e inducendo il gestore (all’epoca era ancora da Camuzzi) a invitare i piacentini e le aziende a limitarne il consumo e a utilizzare, in alternativa, il gasolio. Per non parlare del sale sulle strade: 3mila quintali per 20 milioni di lire, esauriti in pochi giorni e integrati da ulteriori 1.500 quintali arrivati d’urgenza da Rovigo.
“Il cielo è sgombro di nuvole – scriveva il giornalista di Libertà nella mattina dell’8 gennaio 1985 -. Ma ci sono parecchie possibilità che il tempo volga al peggio portandoci nuova neve”. Parole confermate dai fatti: cinque giorni dopo, infatti, “una anomalia termica della stratosfera” provocò il “congiungimento dell’anticiclone delle Azzorre con quello polare”, innescando una nevicata entrata negli annali della meteorologia italiana.
Il risultato furono quattro giorni di fitte nevicate che raggiunsero il metro e zero cinque in pianura, sfiorando il record del 1911 (108cm). Sui tetti il peso raggiunse i 90kg al metro quadro, facendo scricchiolare travi e cornicioni.
DANNI E DISAGI – Ingenti i disagi e i danni che il gelo prima, e la neve dopo, lasciarono sul campo: 550 interventi per tubi e contatori rotti dal gelo; lesioni e crolli in vari edifici della provincia; oltre 400 interventi dei vigili del fuoco per grondaie e cornicioni pericolanti; forniture alimentari decimate e prezzi della verdura alle stelle con aumenti medi del 100% (e oltre: la scarola passò da 1.500 a 4.500 lire) con un conseguente assalto del reparto surgelati, più economici, nei supermercati; produzioni industriali ferme all’Astra, alla Marchetti, alla Mandelli e all’Arbos, rimasta senza motori da montare sulle mietitrebbiatrici.
SLAVINA A VERNASCA – Il gelo e le operazioni di spalatura causarono purtroppo causarono anche alcune tragiche vicende, come quella di un senzatetto quarantenne morto assiderato a San Giorgio, o quella di un operaio caduto mentre toglieva la neve da una tettoria a San Nicolò e rimasto gravemente ferito.
Si risolse invece senza conseguenze la brutta avventura di una maestra elementare di Monastero di Morfasso che, partita in auto dalla sua casa di Bore con destinazione Chiavenna Rocchetta dove doveva fare supplenza, in prossimità del ponte Lanzone nel comune di Vernasca venne travolta da una slavina durante la bufera di neve. Fortunatamente un automobilista in transito fu testimone della scena e avvisò immediatamente i soccorsi, che liberarono la donna spaventata ma incolume.
Inevitabili anche cadute e scivoloni, con contusioni, slogature e qualche frattura.
IL CEDRO DEL LIBANO – Una vittima illustre fu il maestoso e secolare cedro del Libano dei giardini Margherita, sopravvissuto ai bombardamenti della seconda guerra mondiale ma “mutilato” del peso della neve: uno dei più alti e grossi rami si spezzò d’improvviso, cadendo a terra e trascinando con sé altri rami inferiori.
COSTI – Oltre al manto nevoso, da record anche i costi sostenuti dalle amministrazioni comunali per ripulire le strade e riportare la situazione ad una parvenza di normalità: oltre mezzo miliardo di lire nel solo comune di Piacenza con 600 uomini impegnati, oltre all’esercito coinvolto con 300 uomini e mezzi del Genio per fronteggiare l’emergenza.
“NEVE CHE SCOTTA” – Ai disagi seguirono anche le polemiche, come quelle dei residenti di via Buozzi e via Martiri della Resistenza che lamentarono le montagne di neve scaricate nella loro zona, o di quelle di “un gruppo di massaie” che accusò l’amministrazione di impreparazione alla rimozione della neve, lasciando la città in uno stato “da piangere”.
GHIACCIO BOLLENTE – Non mancarono nemmeno le curiosità, come quella del cuore di un piacentino che nemmeno il gelo polare riuscì a raffreddare. Incurante del pericolo lasciò sulla superficie gelata del Trebbia, sotto al ponte di San Nicolò, una gigantesca scritta con due nomi: “Mike e Mony” separati solo da un , un cuore tondo e grosso. Forse a gelargli il sangue nella vene ci pensò una scritta comparsa successivamente e misteriosamente; un terzo nome: “Marco”.
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