Il ritorno di Saints Row, ancora folle ma molto acerbo. Recensione
Di Andrea Peroni 25 Agosto 2022 04:32
Quando Volition, nel 2006, pubblicò il primo e originale Saints Row, le intenzioni erano chiare: contrastare lo strapotere di GTA nel campo dei sandbox open world basati sul mondo del crimine, sui quali il gioco di Rockstar Games aveva il controllo totale. L’operazione riuscì a metà: Saints Row riuscì a crearsi una buona fetta di sostenitori, ma la distanza da GTA era incolmabile e sarebbe destinata ad aumentare negli anni successivi.
Prendendo atto di ciò, Volition non si diede per vinta e proseguì la sua serie, stavolta su binari differenti: Saints Row non voleva più essere un semplice clone di GTA, bensì un sinonimo di sandbox rapido e indolore, con numerose attività da compiere immerse in uno spiccato umorismo di fondo all’intera produzione. E se già l’operazione riuscì con Saints Row nel 2008, furono il terzo e il quarto capitolo a dar sfogo a tutto ciò che si poteva: esplosioni, conquiste planetarie, invasioni aliene, persino visite all’Inferno. Nel giro di pochi anni, Volition aveva già dato fondo a tutta la follia che Saints Row poteva concedere, ed ecco allora che lo studio decide di procedere con un reboot.
Da poco disponibile su PlayStation, Xbox e PC, anche per console old gen, Saints Row è una ripartenza completa del franchise, che non ha collegamenti con il passato se non per alcuni simbolismi e l’atmosfera. Spostando l’attenzione nella città di Santo Ileso, fittizia località a due passi dall’arido deserto, l’ultima produzione di Volition pone l’accento su tutto ciò che riguarda il protagonista, impegnato nella costruzione di un grande impero criminale che vada a contrastare gli uomini di potere. Nasceranno così, appunto, i nuovi Saints Row, con tanto di base operativa, alleati e attività più o meno legittime, sparse per tutta la città.
Integrate a ciò, troviamo una serie di numerose missioni secondarie in quel di Santo Ileso, che vanno da brevi incarichi (fermare orde di utenti incavolati per una recensione negativa sui social) a collezionabili di ogni sorta, spesso non proprio tra i più legali. Saints Row, come altri titoli simili, ha da sempre puntato sulla rappresentazione estremizzata della realtà prendendosene gioco, e il reboot non fa eccezioni. In questo senso, l’ultima opera di Volition mantiene saldi i principi stilistici sui quali la serie si è basata nelle sue più recenti apparizioni, riuscendo a strappare più di un sorriso grazie anche all’estrema personalizzazione di personaggi e veicoli che consente di creare combinazioni davvero bizzarre.
Non è però tutto rose e fiori, e anzi i problemi a cui Saints Row va incontro sono purtroppo tanti. Sebbene il comparto grafico presenti un’immagine pulita e solida, cosa non scontata di questi tempi, l’intero gioco è caratterizzato da alcuni inconvenienti di natura tecnica, che includono bug ricorrenti e crash dell’applicazione, che in più di un caso costringono il giocatore a riavviare il tutto e ricominciare la missione.
La stessa struttura di fondo di Saints Row, in quanto sandbox open world, non convince del tutto. Gli sviluppatori hanno fatto di tutto per infarcire di contenuti Santo Ileso, inserendo attività in ciascuno dei distretti cittadini che vanno dalla caccia alle minacce ai numerosi negozi di abiti e armi. L’estrema ridondanza di ciò si fa però sentire dopo pochissime ore di gioco, nelle quali l’utente si ritrova a compiere le medesime azioni. Un segnale di scarsa lucidità da parte di Volition, che forse ha sperato di risolvere i problemi qualitativi puntando invece sulla quantità – o ripetitività, per meglio dire.
A conti fatti, Saints Row è un open world senza infamia ma anche senza alcuna lode. Una produzione sulla quale il publisher Embracer Group, da poco entrato in scivolata nel mondo dei videogiochi, scommetteva con gran sicurezza, che si scontra però con problematiche serie e anacronismi di varia natura, se pensiamo al mercato attuale. Sicuramente Saints Row regalerà qualche risata e ore di spensierato intrattenimento, senza chiedere troppi sforzi mentali. A giudicare dalle ambizioni di Volition, comunque, ci si aspettava di più.
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