Pd: “Grazie a Bersani, ripartiamo per creare un vero partito”. Ma le divisioni restano
24 Aprile 2013 18:54
Direzione provinciale in streaming per il Pd di Piacenza. In apertura di lavori, dopo l’introduzione di Giulia Piroli, il segretario Vittorio Silva ha usato parole molto ferme: “Non immaginavo che si sarebbe riunita una Direzione così complicata, ma è questa, non Facebook, il luogo in cui dire cosa si pensa, ci si confronta, si decide e poi ci si comporta di conseguenza”. Poi è stato proiettato il filmato di Dario Franceschini “contestato da una banda di cialtroni come fosse un delinquente”, ha detto Silva. Il segretario ha aggiunto: “Siamo tutti responsabili di aver portato il partito a questo punto” e ha poi presentato un ordine del giorno in cui si esprime solidarietà a Pierluigi Bersani e sono definiti “traditori” i franchi tiratori che hanno affossato le candidature di Marini e Prodi al Quirinale “Hanno minato la nostra credibilità. Solo l’alto senso di responsabilità del presidente Napolitano ha evitare il precipitare della situazione”. Poi si chiede un impegno a mettere da parte i personalismi per ripartire e “costruire davvero un partito che sia tale: sono intenzionato a dare il mio contributo per fare del Pd un soggetto politico in cui tutti ci possiamo riconoscere, in cui c’è discussione ma anche rispetto. Io non sono disposto a lavorare in un soggetto differente da questo”.
E’ poi partito il dibattito con le parole di Mario Angelillo: “I confini del governo che Enrico Letta deve guidare siano molto chiari, con obiettivi precisi a cominciare da legge elettorale e provvedimenti in campo economico. A chi non è d’accordo chiedo: qual’è l’alternativa?”.
Molto critica Loredana Pagani: “Perché Marini, ci spiegate? E poi perché Prodi? Cosa speravamo? Non contenti abbiamo anche rifiutato l’ipotesi Rodotà e adesso siamo costretti a fare un governo con il Pdl. I traditori non sono i franchi tiratori, ma Bersani che ha aspettato 40 giorni dalle elezioni e poi dal nulla, senza dare spiegazioni, ha proposto Marini e tutto il resto. Non posso proprio votare l’ordine del giorno proposto”.
Una tesi sposata anche da Fernanda Cerri, che ha però deciso di votare per l’ordine del giorno: “Neanche io ho compreso le scelte di questi giorni, sono d’accordo che ci voglia serietà e responsabilità. Ma se guideremo un governo con la Gelmini ministro dell’Istruzione, con che faccia posso andare a chiedere il voto per il Pd? In campagna elettorale per noi Berlusconi era il “diavolo”, per me è così ma sono anche d’accordo che ci sia da fare un salto in avanti: attenzione però a che governo uscirà, altrimenti la gente non lo digerirà”.
Di tenore differente l’intervento di Patrizia Calza: “E’ stato vergognoso impallinare Prodi, abbiamo ucciso un nostro simbolo, l’unico che ha battuto due volte Berlusconi. Il governo con il Pdl va digerito perchè lo prevedono le regole della democrazia, dobbiamo confrontarci con chi ha preso gli stessi nostri voti: lasciamo da parte lo sdegno, io non capisco chi li vota, ma gli italiani hanno scelto. Servono responsabilità e mediazione, non vedo alcun orrore”.
Per Marco Marchetta “le divisioni ci sono più in direzione che negli elettori e nei militanti. Io non colgo questa spaccatura tra la gente, solo tra i parlamentari”. E la colpa finisce sui giornalisti colpevoli “di non dipingere una quadro corretto della situazione interna”. Appello all’unità da parte di Gianni Cravedi: “Siamo tutti in discussione, non solo Bersani: recuperiamo una reale dimensione di confronto e discussione, superiamo le correnti e ripartiamo dai circoli: il Pd va ricostruito dal basso”.
Molto schietto e lucido Francesco Cacciatore: “Non abbiamo messo argini alla deriva populista che è arrivata anche da noi, costruire gruppi dirigenti non è semplice, non bastano facce nuove, carine e telegeniche per trovare chi ci deve guidare. Si sono persi i “fondamentali”, a cominciare dal rispetto delle regole e delle decisioni interne, era ovvio che si arrivasse a questo punto. Ciò vale per tutte le nostre componenti, nessuna esclusa. E meno male che Bersani da incaricato premier non è andato alle Camere a chiedere la fiducia, sarebbe successo in disastro. Ripartiamo su nuove basi, con i dirigenti che stiano in collegamento con la base, ma non rinuncino a esercitare il loro ruolo”.
Atteso l’intervento del renziano doc Gianluigi Molinari, che ha definito “banale” l’ordine del giorno: “Ci siamo concentrati solo sul risultato delle elezioni, senza vedere i problemi. Perché 101 franchi tiratori? Il nome di Marini mi ha scandalizzato, quello di Prodi mi piaceva, ma è stato affossato per tornare con il Pdl. Ci sta il ringraziamento a tutti, ma la nostra sconfitta resta epocale. Tre mesi fa il partito sosteneva di essere sulla linea del rinnovamento, questi sono i risultati. Se non arriva un cambiamento radicale non ne usciremo, vogliamo far risolvere i problemi da coloro che li hanno creati? Abbiamo fatto troppo poco per cambiare, spero che anche nel momento del congresso non ci sia da scegliere tra un bersaniano, un dalemiano o un renziano, ma qualcuno che possa garantire davvero il rinnovamento”.
Il braccio destro di Matteo Renzi, Roberto Reggi, ha usato una metafora calcistica per criticare il partito e l’atteggiamento degli ultimi mesi: “Abbiamo fatto un primo tempo spettacolare, sbagliando anche molti gol, poi abbiamo smesso di giocare, gli avversari ci hanno raggiunto e ai supplementari ci hanno sconfitto, facendoci perdere la partita della vita. Inevitabile che la colpa sia di tutti, compreso l’allenatore, che infatti si è dimesso. Auspico che per ripartire si crei finalmente un clima di vera pacificazione, in cui nessuno viene guardato di traverso”. Ma a conferma della difficile amalgama all’interno del partito è arrivato il voto contrario dello stesso Reggi all’ordine del giorno proposto da Silva. Cinque gli astenuti, una ventina i favorevoli.
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