A Piacenza la scuola digitale rimane un sogno. Si spera nei progetti europei
23 Novembre 2015 06:33
Fino a dieci anni fa, i fondi arrivavano abbondanti da Roma. Poi, lo stop. E la corsa forzata delle scuole al cosiddetto contributo volontario dei genitori. In un quadro che ha visto lottare a denti stretti presidi e insegnanti per far sì che la scuola non perdesse, sotto al peso dei tagli, la qualità che l’ha sempre contraddistinta, si è fatto un gran parlare di “scuola digitale”. Eppure la connessione veloce, come spiegato dal sindaco di Ferriere, Giovanni Malchiodi, sta arrivando solo in questi giorni (questo il paradosso a monte) in molti territori comunali. Più che tablet e lavagne multimediali (la stragrande maggioranza delle quali donate da associazioni o privati), la scuola digitale doveva servire prima di tutto a livellare le differenze, in primis tra montagna e pianura. Ma se a Bardi e a Parma sono stati fatti passi da gigante (con la possibilità di seguire in montagna le lezioni direttamente dal proprio paese, 3 giorni a settimana, tanto che alcuni piacentini hanno deciso di trasferirsi in Valceno), a Piacenza chi abita nell’Appennino fa ancora i conti con una scelta assurda nel 2015: tenere a casa il figlio quando nevica, oppure affittare un monolocale in città. In questi giorni, i presidi stanno presentando i progetti per nuovi finanziamenti europei (i cosiddetti Pon), perché qualche finestra si è aperta e per ridurre il digital divide tra città e montagna sono previsti 250 km di cavo in fibra ottica su 16 tratte in regione, con un investimento complessivo di quasi 8,5 milioni di euro (per Piacenza, Bolgheri-Le Moline; Pontedellolio – Ferriere). Intanto spunta un progetto decisamente interessante: dare vita ad aule decentrate, collegate telematicamente, per consentire le lezioni anche in montagna, in Valnure. Un’utopia, se per Cerignale, Morfasso, Vernasca, Gropparello, Carpaneto è stato necessario convocare un tavolo in Prefettura, visto che funziona a singhiozzo addirittura il telefono fisso.
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