Osservatorio Economia e Lavoro, donne e giovani guadagnano il 17% in meno

05 Gennaio 2023 12:46

Donne e giovani? Prendono in media il 17 per cento in meno in busta paga. I contratti? A prevalere sono quelli a termine, a tempo determinato e come lavoro somministrato, che rappresentano ben l’80 per cento dei rapporti di lavoro. È un quadro di luci e ombre quello che emerge dall’Osservatorio economia e lavoro 2022 che verrà presentato integralmente durante il 19esimo Congresso provinciale della Cgil Piacenza in programma il 10 e l’11 gennaio alla Camera del Lavoro.

“Notiamo una ripresa occupazionale sul territorio – spiega il segretario generale Ivo Bussacchini durante la conferenza- anche se il recupero nel 2021 è stato complessivamente lento e la caduta occupazionale ha interessato maggiormente la componente femminile”. Basti pensare che nel 2019 l’occupazione femminile registrava un tasso del 62,7 per cento mentre nel 2021 si scende al 60 in linea con il dato regionale passato in tre anni dal 64,1 al 61.

“Nel 2023 le previsioni elaborate su dati Istat dicono che la crescita sarà di poco superiora allo zero, se leghiamo questo dato con un’inflazione a doppia cifra abbiamo serie preoccupazione in termini di prospettiva – ha detto Bussacchini – Grazie al lavoro del sindacato e al blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali, la nostra provincia ha tenuto in termini occupazionali, ovvero abbiamo perso 2500 posti di lavoro ma rischio era di perderne 13mila tra prima e dopo pandemia. Una ripresa del mercato del lavoro precario e a termine, dove 80 per cento dei nuovi assunti ha a che fare con contratti a termine o precari, a questo si aggiunge un gap retributivo che riguarda donne e giovani, con un salario del 17% più basso per le donne”. Nel rapporto si analizza anche il Reddito di cittadinanza. “A Piacenza le famiglie che lo hanno chiesto sono il 2,2%, in Regione il 2,7, in Italia la media è del il 6,7%. Qui la media del RdC è di 464 euro a famiglia al mese, e un quinto di queste ha disabili nel nucleo familiare. Bisogna smetterla di prendere di mira ideologicamente questo strumento dicendo che le persone non hanno voglia di lavorare. Si usino strumenti più efficaci di politiche attive del lavoro, siamo di fronte a situazione di reale bisogno”.

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