“Più voce ai cittadini con il question time”, ma il consiglio boccia la proposta

20 Febbraio 2023 19:26

Bocciata l’idea di un question time per i cittadini nel consiglio comunale di Piacenza. La proposta, avanzata dal gruppo di minoranza di ApP, ha incassato oggi 18 voti contrari, sette favorevoli e quattro astenuti nell’aula di palazzo Mercanti. Ecco di cosa si tratta: “Il question time consisterebbe in una sola domanda, formulata in modo chiaro e rivolta al sindaco o ai componenti della giunta – ha spiegato Luigi Rabuffi (ApP) – su argomenti di rilevanza generale, connotati da urgenza o particolare attualità. Con un anticipo di almeno dieci giorni i cittadini potrebbero presentare l’istanza per iscritto all’ufficio protocollo del Comune, per poi intervenire in aula al fine di esporla nel tempo massimo fissato di cinque minuti. Bisogna puntare sulla partecipazione”.

Ma l’ipotesi del question time è stata respinta dall’emiciclo. “L’idea è irrealizzabile – ha detto l’ex sindaco Patrizia Barbieri – dato che ad oggi l’aula registra già una lunga lista d’attesa per gli atti ispettivi depositati dagli eletti. Il question time non è praticabile, perché il Comune affronta una grave carenza di personale e, dunque, gli uffici non riuscirebbero a gestire il carico di richieste”. Secondo il capogruppo del Pd Andrea Fossati “in una città come Piacenza chiunque conosce un consigliere comunale, perciò c’è già la possibilità di trasmettere le istanze da sottoporre a palazzo Mercanti. Per avvicinare le persone alle istituzioni, lo strumento del question time non è corretto in quanto trasmette un’immagine di inadeguatezza degli eletti. Occorrerebbe invece una maggiore selezione della classe politica che rappresenta la collettività”.

“È vero, c’è bisogno di accorciare le distanze tra i cittadini e l’amministrazione – ha affermato Caterina Pagani (Pc Oltre) – l’idea del question time è accattivante, ma questa esigenza può essere soddisfatta dal percorso avviato dalla giunta Tarasconi di un modello per lo sviluppo dei laboratori di quartiere”, cioè momenti di confronto, sperimentazione di pratiche, elaborazione di proposte che coinvolgeranno cittadini, associazioni e organizzazioni di vario tipo in sette aree di Piacenza. Anche Boris Infantino (Pc Coraggiosa) ha rilanciato l’iniziativa dei laboratori di quartiere.

Una voce fuori dal coro è stata quella di Sergio Ferri (Pd): “Perché negare uno strumento che favorisce la partecipazione? La sindaca va a bere il caffè con i cittadini, al tempo stesso le persone potrebbero esporsi a una responsabilità maggiore avanzando i propri quesiti direttamente nell’aula consiliare”. Dura la replica di Massimo Trespidi (civica Barbieri-Liberi): “Noi siamo qui a rappresentare i cittadini, la democrazia non viene aumentata esautorando il nostro ruolo istituzionale”. Sempre dalle fila dell’opposizione, però, Barbara Mazza (civica Barbieri-Liberi) ha ribattuto: “Non mi sentirei svilita dall’introduzione di questo strumento per la democrazia diretta, mi sento più vicina al pensiero del consigliere Ferri”. E così ha ribadito anche Margherita Lecce (civica Tarasconi).

Il sindaco Katia Tarasconi ha espresso la propria contrarietà alla modalità proposta: “La partecipazione non si potenzia con un botta e risposta della gente qui in aula, ma attraverso un percorso di lavoro condiviso”.

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