Alpini verso l’adunata. Continua il viaggio di Liberta.it tra i “Ranger”
14 Marzo 2013 11:31
Bolzano – Il reportage dalla nostra inviata Nicoletta Marenghi – Per i “Ranger” nulla è lasciato al caso, ogni gesto è frutto di un’accurata preparazione. Continua il viaggio tra gli alpini paracadutisti del 4′ Reggimento, dopo l’esercitazione di aviolancio, la troupe di Liberta.it ha potuto assistere in diretta ad un addestramento di rappelling, ovvero di discesa con la corda da un elicottero a 40 metri dal suolo. L’aeromobile AB 250 dell’Esercito è posizionato sul piazzale dell’aeroporto militare di Bolzano, sede del 4′ Reggimento Aves Altair con il quale gli Alpini paracadutisti lavorano in sinergia. I militari in mimetica, travisati da elmetto, occhialini con imbracatura e armi addosso, salgono sul mezzo e si dispongono come previsto nel briefing che precede ogni esercitazione. Il pilota alza il pollice e l’elicottero decolla sollevando erba e polvere. L’aeromobile vira verso le montagne e sorvola la città. A differenza di un normale volo in elicottero, in questo caso, il portellone è aperto e l’aria che taglia la faccia. Per la troupe giornalistica la sensazione è quella che si prova in una delle più adrenaliniche attrattive di un parco divertimenti, per i militari è l’ennesima occasione per testare le capacità operative del gruppo. Capacità che è opportuno verificare nonostante le occasione di mettere in pratica questa tecnica non siano numerose dato che, questo tipo di attività si svolge in contesti urbani, a pochi metri dagli edifici e dunque sono necessarie condizioni di sicurezza per evitare che l’aeromobile diventi un facile bersaglio. La prima discesa è con la corda, la seconda con il canapone, una grossa fune ancorata ad un supporto fissato all’elicottero. I minuti per la preparazione sono limitati, durante il volo il master, ovvero l’istruttore, impartisce con fermezza le ultime direttive. La discesa è preceduta da gesti e sguardi di intendimento. Al grido deciso ‘via’, in pochi secondi l’elicottero si svuota. I ranger si calano rapidamente e al suolo e altrettanto velocemente prendono posizione imbracciando le armi. L’elicottero può riprendere la sua corsa.
Bolzano – Il reportage dalla nostra inviata Nicoletta Marenghi – “Serietà e passione”: Liberta.it in volo con gli Alpini Paracadutisti – Qualche istante per fissare il vuoto e poi giù a braccia aperte. L’adrenalina è alle stelle e la sensazione di libertà è totalizzante finché il paracadute si apre e la discesa rallenta prima di arrivare a toccare il suolo. Loro non sono semplici appassionati di volo, sono gli Alpini paracadutisti del 4° reggimento: l’elite dell’Esercito italiano. Un gruppo di uomini altamente specializzati e preparati alle operazioni speciali, quelle che si svolgono prevalentemente nei Teatri operativi, ovvero le aree in cui i militari italiani sono impegnati in missione all’estero e quindi Afghanistan, Libano e Kosovo. Gli Alpini paracadutisti rappresentano una specialità nella specialità e l’Italia è l’unica nazione al mondo a potersene fregiare. Basta questo per capire il privilegio di poter assistere a una loro esercitazione all’aeroporto militare di Bolzano. Gli addestramenti sono fortemente condizionati dal meteo, l’aereo che ci deve portare in quota arriva da Pisa ma è in ritardo di oltre due ore a causa della pioggia. Intanto giunge la notizia che delude un gruppo di militari pronti al lancio: all’Alpe sulle Dolomiti nevica abbondantemente e l’esercitazione è stata annullata per ragioni di sicurezza. Così, il gruppo di militari mette lo zaino in spalla, sale sul pullman e ripiega su altre attività. Il lancio sopra l’aeroporto di Bolzano è confermato e all’una di pomeriggio sbuca dalle montagne il C-27, fratello minore del C-130, “più pratico nelle manovre”, a detta degli esperti. Saliamo a bordo del velivolo della 46esima Aerobrigata di Pisa insieme ad una decina di Alpini paracadutisti. Le fasi di decollo e assestamento sono una formalità per chi è del mestiere, tanto da suscitare qualche sbadiglio. L’adrenalina sale quando il portellone si apre e le montagne ancora innevate si stagliano impetuose all’orizzonte. L’aria gelida risveglia dal torpore, la goliardia lascia spazio alla professionalità. I militari si dispongono su due file, salutano indomiti le telecamere e dopo pochi secondi spariscono nel vuoto. Una scena che vista dal velivolo lascia senza fiato. È grazie al secondo volo che possiamo vedere cosa succede dopo il lancio. Da terra si vedono dei puntini microscopici che diventano sempre più grandi e mentre si avvicinano si delineano i contorni del paracadute verde militare che li avvolge all’arrivo.
Il colonnello Pietro Addis è il comandante del 4° Reggimento alpini paracadutisti e arriva da un altro raggruppamento delle forze speciali, il 9° reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin. Non c’è missione che non lo abbia visto protagonista in Somalia, Rwanda, Bosnia, Albania e Afghanistan dove ha guidato la TF45. “La motivazione è l’elemento essenziale del nostro mestiere, è la caratteristica che ci consente di superare le difficoltà e le condizioni talvolta proibitive” sottolinea il comandante. Come si conciliano le relazioni familiari con questo stile di vita? “Non sempre bene, purtroppo abbiamo realtà di famiglie che si rompono a causa del nostro lavoro, ma ne abbiamo altre che resistono ai sacrifici, e io ne sono un esempio. Un ranger sereno in famiglia è ancora più sereno in operazioni, per questo non possiamo far altro che ringraziare chi ci sta accanto e cercare di andare incontro alle esigenze del personale”.
Come si diventa Alpini paracadutisti? La selezione è molto rigida, i requisiti per l’ammissione ai corsi sono di natura sia fisica che psico attitudinale, la caratteristica essenziale è l’affidabilità. I requisiti fisici per l’ammissione prevedono prove di forza e resistenza quali 10 trazioni alla sbarra, 15 piegamenti alle parallele, 30 piegamenti sulle braccia, 40 flessioni addominali da effettuarsi ciascuna in un tempo massimo di un minuto e mezzo, una marcia celere zavorrata di 10 chilometri con un carico di 20 chili da concludere in un tempo massimo di 72 minuti e prove di acquaticità comprendenti capacità natatorie, apnea e galleggiamento in uniforme da combattimento. L’iter prevede tre fasi: la prima consiste nel superamento del corso di paracadutismo, chi consegue il brevetto può frequentare il corso di ‘operatore basico per operazioni speciali’ in cui i militari, tra le altre, vengono addestrati al combattimento e all’uso delle armi. L’ultima fase è quella di specializzazione. Dopo un anno e mezzo di fatiche e sacrifici, chi arriva al termine dell’addestramento ottiene la prestigiosa qualifica di ‘Ranger’ (assaltatore). Il 4′ reggimento alpini paracadutisti è di stanza a Montorsio in provincia di Verona, il motto del reggimento è eloquente ‘mai strac’.
Chi ce l’ha fatta è molto orgoglioso. Non possiamo mostrarvi i loro volti nè riferirvi i loro nomi per ragioni di sicurezza. Sono un maresciallo e un primo caporal maggiore, hanno 35 e 28 anni, fin da piccoli sognavano di fare i soldati, amano la montagna e il paracadutismo, hanno studiato e conoscono le lingue. “La serietà e la passione sono caratteristiche essenziali per poter svolgere questo lavoro” sostengono i due ragazzi. Sono loro che svolgono le ‘operazioni speciali’. “La paura deve essere una fedele compagna per non abbassare la guardia. L’aspetto più complicato negli addestramenti non è quello fisico ma quello psicologico. Tra noi ci può anche essere un fuoriclasse ma l’essenziale per noi è lo spirito di squadra, senza quello non possiamo lavorare al meglio”.
Il servizio è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’associazione alpini paracadutisti e dell’associazione nazionale paracadutisti d’Italia.
Il reportage integrale verrà trasmesso da Telelibertà giovedi 28 marzo alle 21 nella trasmissione: “Alpini, aspettando l’adunata”.
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