Muhsem, dalla Siria alla provincia di Piacenza: “Il mio Paese non esiste più”
10 Ottobre 2013 05:52
La minaccia di un bombardamento americano in Siria ha fatto balzare sulle prime pagine dei media di tutto il mondo la delicata “questione siriana”. Dopo che il presidente Bashar Al Assad ha annunciato la distruzione delle armi chimiche, il conflitto interno che da due anni ormai sta devastando il paese mediorientale è tornato a occupare saltuariamente un piccolo spazio nelle pagine degli Esteri. Nel territorio piacentino vive da alcuni anni un agente di commercio siriano, si chiama Muhsem. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Come sta vivendo quello che sta succedendo nel suo Paese?
Da lontano siamo tutti degli spettatori (paesi arabi compresi) di un film che dura sicuramente troppo. C’è la guerra in Siria e nessuno fa niente per fermarla! Vivo ogni giorno con l’ansia nella attesa della fine. La mia famiglia, i miei amici come tutte la popolazione siriana stanno vivendo l’inferno quotidiano da due anni e mezzo. Ogni giorno ci sono molti morti, spariti, torturati, catturati…Dunque la morte fa parte della vita quotidiana, come in tutte le guerre. Dove stanno i diritti umani?
Cosa non arriva in Italia di quello che sta succedendo nel suo Paese?
In Siria, dall’inizio da questa guerra, la maggioranza della popolazione vuole solo sopravvivere, ma deve combattere anche per comprare il pane. I sunniti, gli sciiti, i cristiani, i kurdi, gli alawiti, gli armeni, i drusi, i maroniti: non c’è nessuna differenza, tutti aspettano il ritorno alla normalità. Quello che non viene detto in Occidente è che i siriani, tutte le comunità, non erano pronti per cominciare una rivoluzione contro il regime. Il potere da quarant’anni ha reso tutta la popolazione incapace di rendersi conto della situazione politico-sociale del proprio Paese. Come dei morti viventi, da 40 anni tutte le generazioni hanno vissuto come animali, mangiare, dormire, lavorare (quando c’è il lavoro), fare dei figli, con la paura del tiranno, quindi senza la forza e nemmeno il coraggio di pensare a un cambiamento. Ma per dirlo chiaramente, la strategia del potere in Siria negli ultimi quarant’anni, è sempre stata quella di manipolare tutte le comunità, alawiti compresi, per mantenere il potere della famiglia Assad senza esitare ad eliminare i concorrenti, anche se membri della stessa famiglia. Alla maniera di tutti i paesi arabi.
Inoltre la situazione della società siriana prima dell’inizio del primo incidente provocato a Dar’a nel mese di marzo 2011 non è spiegabile in un’intervista o in un articolo di giornale, ci vorrebbero informazioni più approfondite su questo-
Era favorevole ad un intervento armato delle forze internazionali?
Troppo tardi!
Come vede l’evoluzione futura della situazione attuale nel suo Paese?
L’evoluzione futura? E’ una domanda facile per me, la guerra è appena cominciata.
Si trova bene nel nostro territorio, cosa le piace di più?
Non posso proprio dimenticare che il vostro bel Paese mi ha reso saggio perché non sono mai stato interessato alla politica, per me era un linguaggio oscuro, ma da quando sono in Italia ho cominciato ad interessarmi di politica a causa di quello che stava succedendo nel mio paese, poi mi sono incuriosito anche alla politica locale, di cui si parla molto all’estero… Adesso capisco bene gli italiani, che come i siriani non si preoccupano che della loro vita!
Cosa le manca della Siria?
Il mio Paese che non esiste più!
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