Fidanzato costringe due donne a prostituirsi: una gettata in Po
15 Dicembre 2015 16:28
Dopo il patteggiamento, la condanna a due anni per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione: questa la sentenza emessa nei giorni scorsi nei confronti di un uomo albanese arrestato nell’agosto scorso a seguito delle indagini della Polizia Municipale, coordinate dal magistrato Emilio Pisante. Al vaglio per concorso in entrambi i reati, anche la posizione di un trentanovenne tunisino e un trentaseienne kosovaro.
A rivolgersi alla sezione di Polizia Giudiziaria della Polizia Municipale di Piacenza, nel luglio scorso, era stata una quarantenne italiana, residente in provincia di Cremona.
Anna – nome di fantasia – gestiva un’attività commerciale con il fratello, ma sul finire del 2014 aveva intrapreso una relazione sentimentale con un cliente abituale dell’esercizio.
Nel corso della loro frequentazione, un crescendo di brutali violenze fisiche e psicologiche ha portato la donna a un punto di degrado tale da accettare persino di prostituirsi in strada per poter versare il denaro al suo compagno, che l’aveva iniziata all’attività dopo averle raccontato una serie di difficoltà economiche causate dalla perdita del lavoro, con debiti da saldare.
La soggezione nei confronti dell’uomo, unita alla paura che si concretizzassero le minacce di morte rivolte a lei e alla sua famiglia, le ha impedito per mesi di ribellarsi alla persona che le aveva tolto la libertà e la dignità, isolandola dai suoi cari e dagli amici.
Sino a quando, in una sera d’estate, Anna – che era già stata identificata nel corso di controlli precedenti e informata, in quell’occasione, del progetto comunale “Oltre la strada” – ha deciso di affidarsi alla Polizia Municipale, denunciando il proprio sfruttatore e accettando di essere allontanata dal luogo in cui si prostituiva per trovare rifugio in una struttura protetta. La donna ha scoperto anche l’esistenza di un’altra vittima che, come lei, era caduta nell’inganno.
La Polizia Municipale ha così contattato anche la seconda donna, una cinquantenne italiana che qualche giorno più tardi è stata accompagnata presso una struttura protetta del Comune di Piacenza, confermando il racconto e la denuncia.
Gli atti di violenza intimidatoria avevano raggiunto un livello di crudeltà intollerabile, che l’uomo giustificava come “misure educative”, arrivando addirittura a gettare Anna nelle acque del Po per mostrare all’altra che non era il caso di ribellarsi. Le due donne, in contatto con il personale del Centro antiviolenza, sono seguite e tutelate nell’ambito del progetto “Oltre la strada”.
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