Sette anni dal crollo del ponte sul Po, un disastro senza colpevoli
30 Aprile 2016 16:00
Sono passati già sette anni dal 30 aprile 2009, il giorno che tutti i piacentini ricordano perché accadde l’incredibile: una campata del ponte stradale sul fiume Po tra Piacenza e San Rocco cedette e crollò, inghiottendo alcune vetture e i loro conducenti.
Fortunatamente nessuno morì, ma ci furono tre feriti, in particolare il macchinista ferroviario Antonio Rinaldi, che ancora oggi deve convivere con i postumi di quel gravissimo incidente: “Ho dolori alla schiena e alla testa costanti, che mi accompagneranno per tutta la vita. Una situazione che mi ha molto penalizzato anche sul lavoro, facendomi perdere le vecchie mansioni, con tutte le conseguenze negative del caso”.
Rinaldi prosegue con una causa civile nei confronti di Anas, proprietaria del viadotto crollato e poi ricostruito, anche dopo che nel gennaio 2015 il tribunale di Lodi aveva assolto i cinque imputati (tutti dirigenti della società concessionaria) perché “il fatto non sussiste”. Secondo le accuse il cedimento fu causato da scarsa manutenzione e incuria, mentre le difese l’hanno sempre imputato alla forte piena del fiume di quei giorni, che a loro avviso aveva mosso alcuni dei piloni che sorreggevano la campata.
I danni a tutto il nostro territorio, all’economia ma non solo, furono davvero molto pesanti, ma la conclusione del processo portò anche alla fine delle pretese risarcitorie delle parti civili, tra cui il comune di Piacenza.
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