Klimt, caccia ai diari di Fugazza. Sequestrati telefoni nell’abitazione della vedova
12 Febbraio 2020 10:33
Che cosa collega Rosella Tiadina – la vedova di Stefano Fugazza, direttore della Galleria Ricci Oddi all’epoca del furto del Klimt – ai due coindagati? Si tratta di una “chiamata in correità” oppure il suo nome è stato fatto dai due pregiudicati piacentini che si sono auto-accusati del furto del ritratto di signora? Oppure uno dei due (o entrambi) hanno tirato in ballo in qualche modo Fugazza – deceduto nel 2009 – e di riflesso è stata poi coinvolta anche la vedova? E in che modo i “diari” dell’ex-direttore della Ricci Oddi sono collegati all’inchiesta giudiziaria avviata dopo il ritrovamento del dipinto dal Pm Ornella Chicca?
Sono davvero tanti gli interrogativi che avvolgono l’ultimo colpo di scena in merito alla vicenda del doppio ritratto dell’artista austriaco, che vanno ad aggiungersi a una storia molto intricata.
Gli inquirenti, dopo aver letto alcune pagine del memoriale di Stefano Fugazza – redatte dall’allora direttore della galleria d’arte in cui raccontava del “furto immaginario” del dipinto, ipotizzato come colpo di scena in vista della mostra “Da Hayez a Klimt” che avrebbe inaugurato a giorni, e nelle quali fissava gli avvenimenti e le sensazioni dei giorni successivi al vero furto del doppio ritratto messo a segno nella galleria Ricci Oddi fra il 19 e il 22 febbraio del 1997 – sono alla ricerca dei diari completi, che però non sarebbero stati trovati. Qualche giorno fa gli investigatori della Mobile hanno perquisito la casa della vedova e avrebbero prelevato uno o più telefoni cellulari.
La notizia dell’avviso di garanzia a Tiadina con l’ipotesi di reato di ricettazione ha suscitato grande scalpore e generale incredulità. Il suo nome si aggiunge, nel fascicolo della Procura, a quello di Valeriano Beltrame, l’altro indagato per ricettazione, che in una lettera inviata a Libertà e agli investigatori si è dichiarato autore del furto e ha motivato la restituzione del quadro come regalo alla città. Salvo poi avvalersi della facoltà di non rispondere, quando è stato interrogato in questura.
C’è anche una terza persona sottoposta a indagini, la cui identità non è però nota. Potrebbe trattarsi dell’altro pregiudicato piacentino coinvolto dal Beltrame nella sua confessione e per lui si ipotizza il reato di furto, che è però prescritto dato che la sparizione del dipinto risale al 1997.
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